Imposte

Terzo settore, «doppio binario» per gli enti non iscritti al registro

di Marta Saccaro

Lo s chema di decreto legislativo ( atto Camera 417 ) di attuazione della legge 106/2016 - all’esame delle Camere per i pareri - contiene disposizioni di rilievo, per quanto attiene il regime fiscale degli Enti del Terzo Settore.
Va detto che si qualificano Enti del terzo settore (Ets) solo quelli che risulteranno iscritti nel registro unico nazionale del terzo settore. E qui nasce la prima grande distinzione tra enti iscritti (Ets) e soggetti non iscritti nel registro che pure continuano ad applicare le disposizioni del Tuir e, come vedremo, anche le norme speciali.
Il «doppio binario» continua anche in relazione ai regimi di determinazione del reddito d’impresa. In primo luogo, si osserva che accanto al metodo forfettario disposto dall’articolo 145 del Tuir l’articolo 80 dello schema di decreto ne presenta un altro, riservato agli Ets ma con percentuali di forfettizzazione dei ricavi tendenzialmente più basse. Inoltre, a differenza di quanto previsto dal Tuir, in base al quale possono applicare il regime forfettario solo gli enti ammessi alla contabilità semplificata – con un tetto massimo ai ricavi, quindi – nel nuovo testo non sono previsti limiti alla forfettizzazione.
La sopravvivenza del regime disposto dall’articolo 145 del Tuir è garantita dall’articolo 89 dello schema di decreto in corso di approvazione, in cui si afferma che la “vecchia” disposizione si applica esclusivamente agli enti che non possono ottenere l’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore (formazioni e associazioni politiche, sindacati, associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, associazioni di datori di lavoro ed enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti) nonché agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato che non sono iscritti al citato Registro ovvero, qualora iscritti, alle attività diverse da quelle previste dall’articolo 5 che vengano da questi ultimi esercitate.
Le cose si complicano passando ad analizzare la sorte del più celebre regime forfettario utilizzato dagli enti di tipo associativo, cioè quello disposto dalla legge 398/1991, attualmente fruibile se i ricavi commerciali non superano il limite di 400mila euro all’anno.
Secondo quanto si legge nello schema di decreto, con decorrenza dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea in merito al regime di determinazione del reddito di impresa degli enti del Terzo settore non commerciali il regime della legge 398/1991 verrà abrogato per le associazioni senza scopo di lucro e le pro-loco e per le associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente costituite senza fini di lucro. Resta fermo quindi che questo regime si applica e si continuerà applicare alle associazioni (e società) sportive dilettantistiche, attualmente non riconducibili agli Ets.
L’impossibilità di applicare la legge 398/1991 porrà problemi organizzativi non indifferenti per molte associazioni. Le agevolazioni contabili e, soprattutto, le semplificazioni in ambito Iva non sono infatti adeguatamente rimpiazzate nel regime di cui all’articolo 80 di cui sopra si è detto.
Per associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato, lo schema di decreto prevede però all’articolo 86 un regime forfettario ad hoc.
Tutto da valutare è il funzionamento di questo nuovo meccanismo che, secondo la relazione illustrativa al provvedimento è impostato sulla falsariga di quello descritto dall’articolo 1 commi 54-89 della legge 190/2014 per i contribuenti, persone fisiche, «forfettari»
Ciò che è certo è che, visto che il forfait risulta applicabile solo se i ricavi commerciali sono inferiori al limite annuo di 130mila euro, ne risultano esclusi, oltre agli enti che non si qualificano come enti di promozione sociale e di volontariato, anche quelli che, pur avendo la qualifica richiesta, hanno ricavi superiori. Rispetto alle agevolazioni conseguenti all’applicazione della legge 398/1991 la penalizzazione, in questi casi, è evidente.

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