Imposte

Passaggi generazionali al test della residenza

Risposta a interpello 185: esenti i trasferimenti di partecipazioni in società di capitali residenti all’estero. Un controllo è integrato se possiede la maggioranza dei voti assembleari

Con la risposta a interpello n. 185 del 1° febbraio 2023 l'agenzia delle Entrate ha espresso il proprio avviso su due rilevanti questioni interpretative relative all'articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/1990 (cosiddetto Tus).

Tale disposizione esenta da imposta di donazione e successione, tra gli altri, i trasferimenti a titolo gratuito o mortis causa di quote o azioni di società di capitali residenti a condizione che il beneficiario acquisisca o integri il controllo di diritto della società ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, n. 1), del Codice civile e lo mantenga per un periodo non inferiore a cinque anni.

Il primo chiarimento riguarda la conferma dell'applicabilità dell'esenzione anche al trasferimento di partecipazioni in società di capitali residenti all'estero, sempreché risultino integrati i requisiti normativamente previsti per le società di capitali residenti in Italia. Si tratta di una soluzione interpretativa già accolta in passato dalla direzione regionale della Lombardia (interpello 904-86017 del 2 agosto 2011) e, più recentemente, dalla Corte di cassazione (sezione V, sentenza 5674/2023).

Ciò premesso, la recente pronuncia di Cassazione esamina unicamente i trasferimenti di partecipazioni in società residenti in Stati membri dell'Unione europea, giustificando tale conclusione in ragione dell'obbligo di rispettare la libertà di stabilimento prevista dall'articolo 49 Tfue. I due precedenti di prassi dell'Agenzia, invece, hanno il pregio di riconoscere l'esenzione in via generalizzata a tutte le società residenti all'estero, in perfetta armonia con la ratio della norma agevolativa volta a favorire il passaggio generazionale delle imprese, a prescindere dalla relativa ubicazione.

Il secondo chiarimento di prassi rilevante concerne l'interpretazione del requisito del controllo di diritto di cui all'articolo 2359, comma 1, n. 1) del Codice civile, a mente del quale si considerano controllate «le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria». L'Agenzia ritiene che, nella fattispecie, il predetto requisito non sia integrato, ancorché i donatari avessero acquisito la maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria della società di capitali trasferenda (società in accomandita per azioni lussemburghese).

Secondo l'Agenzia, infatti, il requisito del controllo di diritto presupporrebbe non solo l'acquisizione della maggioranza dei diritti di voto, ma anche l'acquisizione di un effettivo potere di controllo (che, nel caso in esame, sarebbe asseritamente rimasto in capo ai genitori donanti in ragione, tra l'altro, dell'attribuzione statutaria del potere di nomina degli amministratori sociali in favore dei donanti).

La soluzione interpretativa prospettata non appare del tutto condivisibile e impone alcune riflessioni. Infatti, pur trattandosi di un tema tutt'oggi dibattuto, ad avviso di dottrina civilistica autorevole l'integrazione del requisito del controllo di diritto di cui all'articolo 2359, comma 1, n. 1) del Codice civile richiede unicamente il possesso della maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria, a prescindere dalla circostanza che il controllo sia in concreto “depotenziato” da clausole statutarie e/o da patti parasociali.

La medesima posizione è stata accolta dall'agenzia delle Entrate a commento dell'articolo 117, comma 1, Tuir in materia di consolidato fiscale nazionale, che, al pari dell'art. 3, comma 4-ter, Tus, rinvia alla definizione di controllo di diritto prevista dal codice civile.

Si fa riferimento alla risoluzione n. 245/E del 1° settembre 2009 e alla risposta a interpello 301/2022.

In tali occasioni, l'Agenzia ha affermato che il controllo di diritto civilistico deve ritenersi integrato in virtù del mero possesso della maggioranza dei voti assembleari, anche laddove questo sia compresso per via di particolari clausole statutarie e/o accordi parasociali. Detta conclusione ha il pregio di fornire una regola semplice e di immediata verificabilità, evitando che l'applicazione della disposizione sia assoggettata alla ulteriore verifica circa l'esistenza di un'influenza dominante.

La risposta 185/2023 appare dunque stridere con i summenzionati precedenti di prassi, salvo ritenere che nella stessa si sia inteso disconoscere l'esenzione del Tus non già a livello interpretativo, bensì in chiave antiabuso ai sensi dell'articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente.

Tale ricostruzione appare avvalorata dal focus posto dall'Agenzia su aspetti fattuali poco rilevanti ai fini dell'accertamento del controllo di diritto recato dal Codice civile (ad esempio, i limiti statutari apposti alla circolazione delle azioni), nonché dall'enfasi rivolta alla ratio della norma di esenzione, finalizzata ad agevolare i passaggi generazionali attuati mediante un trasferimento effettivo del controllo.

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