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Bonus edilizi, esente Iva la cessione effettuata dal fornitore

Per il cessionario, il corrispettivo della vendita, pari al differenziale tra valore nominale del credito e costo sostenuto per acquisirlo, costituisce una sopravvenienza attiva

di Marco Zandonà

La domanda

È necessario che il general contractor chieda gli oneri di attualizzazione del credito alla committenza, pari a quelli corrisposti all’istituto di credito che li ha acquistati? In caso affermativo, quale regime Iva si applica alla fattura corrispondente?
G. V. - Savona

In merito al corretto trattamento Iva degli oneri finanziari che, nell’ambito della cessione dei crediti d’imposta da bonus fiscali, vengono ribaltati al committente da parte dell’impresa (general contractor o impresa appaltatrice), che ha effettuato lo sconto in fattura, si precisa che la cessione dei crediti d’imposta da bonus fiscali effettuata dal fornitore che ha applicato lo sconto in fattura al cessionario (banca, intermediario finanziario o soggetto terzo), costituisce un’operazione finanziaria eseguita dal cessionario e, come tale, deve considerarsi esente da Iva in virtù dell’articolo 10, comma 1, n. 1, del Dpr 633/1972. Non vi è quindi obbligo per il cessionario di emettere fattura, ma se lo stesso procedesse comunque ad attestare l’operazione, dovrà indicare in fattura l’importo del corrispettivo della cessione (pari al differenziale tra valore nominale del credito e l’importo pagato per acquisirlo), da assoggettare, appunto, al regime di esenzione da Iva (risposta 369/E/2021). Per il medesimo cessionario, il corrispettivo della cessione (pari sempre al differenziale tra valore nominale del credito e costo sostenuto per acquisirlo) costituisce una sopravvenienza attiva, a norma dell’articolo 88 del Tuir, Dpr 917/1986 (risposta 105/E/2020).

Viceversa, non ci sono precisazioni ufficiali in merito al regime fiscale (ai fini Iva e delle imposte sul reddito) in capo al soggetto cedente il credito, che ha praticato lo “sconto in fattura” al cliente, per poi cedere a terzi il corrispondente credito d’imposta ex articolo 121, comma 1, lettera a, del Dl 34/2020 convertito in legge 77/2020). Ai fini Iva ciò ha comportato differenti condotte operative da parte delle imprese che hanno attribuito diversa natura all’onere, ribaltato ai clienti, connesso alla cessione del credito, pari al differenziale negativo tra corrispettivo ricevuto e valore nominale del credito ceduto, con evidenti riflessi riguardo al regime Iva applicato in sede di fatturazione di tale importo. A tal fine occorre verificare la natura attribuita a tale onere in sede contrattuale. Laddove le parti abbiano concordato il riaddebito specifico dell’onere sopportato dall’impresa in sede di successiva cessione del credito derivante dallo sconto praticato, tale importo deve essere tenuto distinto, anche ai fini Iva, rispetto al quantum pattuito per i lavori. Naturalmente, per il committente tale onere non può considerarsi agevolabile, in quanto non correlato in via specifica con l’esecuzione dell'intervento. In questo caso tale importo è qualificabile quale “onere finanziario” in conformità all’aspetto civilistico puntualizzato dall’Oic che, per il soggetto cedente il credito, ha configurato tale differenziale negativo quale “onere finanziario”, da iscrivere nel conto economico nella voce C17) Interessi e altri oneri finanziari (Oic – «Comunicazione sulla modalità di contabilizzazione dei bonus fiscali» 3 agosto 2021) e specularmente a quanto precisato dall’agenzia delle Entrate in merito al provento facente capo al cessionario del credito stesso (citata risposta 105/2020).

Se, invece, nella determinazione del corrispettivo l'impresa ha tenuto conto anche di questo ulteriore costo connesso alla successiva cessione del credito d’imposta, non deve essere operata una distinta fatturazione rispetto al prezzo dei lavori, in quanto non viene operato, né menzionato contrattualmente, lo specifico ribaltamento dell'onere finanziario in capo al committente. In questa ipotesi, naturalmente, deve essere rispettata e asseverata la congruità dei costi dei lavori agevolati (che, in tal caso, comprendono anche tale onere finanziario). La validità di tale comportamento in qualche modo è avallata dalla risposta dell'agenzia delle Entrate 243/E del 4 maggio 2022 (vedi anche la circolare 23/E del 23 giugno 2022), anche se la risposta tratta l'ipotesi specifica di un professionista che opera lo sconto in fattura in sede di apposizione del visto di conformità, mentre non affronta il caso dell'impresa esecutrice dei lavori che pratica il medesimo sconto, per poi cedere il credito riaddebitandone l'onere al committente. È evidente come tale modalità operativa potrebbe considerarsi contrastante con l'obiettivo stesso della normativa antifrode prevista nell’ambito della disciplina dei bonus fiscali e, in particolare, con quello di evitare un aumento incondizionato del corrispettivo d’appalto, fenomeno che si è inteso combattere con l’introduzione dell’obbligo di attestazione della congruità dei costi connessi ai lavori.

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