Controlli e liti

L’omologa del concordato non sospende la riscossione

La risposta a consulenza giuridica 6/2022 delle Entrate: il decreto di omologa non è una pronuncia che annulla la pretesa fiscale

di Luigi Lovecchio

I decreti di omologa del concordato non possono essere assimilati alle pronunce che annullano in tutto o in parte la pretesa tributaria e non legittimano pertanto la presentazione di una istanza di sospensione legale della riscossione, ai sensi dell’articolo 1, commi 537 e seguenti, della legge 228/2012.

Con la risposta 6/2022 diffusa il 10 novembre, in sede di consulenza giuridica, dall’agenzia delle Entrate è stato affrontato il caso in cui un contribuente tornato in bonis, dopo l’esecuzione puntuale di un concordato fallimentare, si vede raggiungere da attività di recupero dell’agente della riscossione per debiti preesistenti alla procedura, estinti o falcidiati in esito alla stessa.

Per bloccare tali azioni, palesemente illegittime, il soggetto istante proponeva di ricorrere alla procedura di sospensione legale della riscossione, prevista nel su citato articolo 1, commi 537 e seguenti, della legge 228/2012.

L’agenzia delle Entrate ha rigettato la proposta interpretativa, sulla scorta della formulazione letterale della disciplina di riferimento.

È stato infatti rilevato che la normativa citata ammette l’accesso alla procedura solo nei casi strettamente previsti dalla legge.

Questi sono rappresentati da:

a) prescrizione o decadenza del credito erariale;

b) provvedimento di sgravio o di sospensione amministrativa dell’ente creditore;

c) sospensione giudiziale o sentenza che abbia annullato in tutto o in parte il credito pubblico;

d) intervenuto pagamento parziale o totale dell’importo dovuto.

In presenza di una di tali circostanze, si ricorda, il debitore ha diritto di paralizzare le azioni di recupero, presentando una apposita istanza (modello SL1), nel termine perentorio di 60 giorni dalla ricezione del primo atto di riscossione.

Nella prospettazione dell’istante, il decreto di omologa del concordato, nella parte in cui sancisce la falcidia dei debiti concorsuali, avrebbe potuto essere assimilato al provvedimento giudiziale che abbia annullato la pretesa tributaria.

Una tale equiparazione non è stata tuttavia condivisa dall’agenzia delle Entrate che invece ritiene, sulla base di considerazioni per vero piuttosto apodittiche, che la norma si riferisca alle sole sentenze che abbiano esaminato l’effettiva fondatezza e legittimità della pretesa.

Per questo motivo, l’agenzia delle Entrate ha escluso la possibilità di attivare la suddetta procedura accelerata di sospensione.

L’unica strada in via amministrativa rimane quindi la proposizione di una istanza di autotutela agli uffici dell’agenzia delle Entrate che tuttavia, nell’ottica del contribuente, non si atteggia di certo come un rimedio efficace.

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