Controlli e liti

Pos, le sanzioni scattano su segnalazione dell’acquirente

Il rifiuto del pagamento può essere denunciato all’autorità amministrativa

Impedire ai clienti di pagare beni o servizi con bancomat, carte di credito o prepagate costituisce per professionisti e commercianti un comportamento sanzionabile con un importo fisso, nella misura di 30 euro per ciascun acquisto e a prescindere dall’ammontare della spesa sostenuta, incrementato di un ammontare variabile pari al 4% del valore della transazione (le sanzioni sono entrate in vigore da giovedì 30 giugno).

Per effetto di una modifica introdotta in sede di conversione del decreto Pnrr 2 (Dl 36 del 2022), tra gli strumenti di pagamento elettronico che devono essere obbligatoriamente accettati sono state ricomprese anche le carte prepagate.

Il comportamento sanzionato consiste nella mancata accettazione di pagamenti, di qualsiasi ammontare, per i quali viene richiesto di utilizzare uno degli strumenti indicati: la violazione si realizza quindi non solo quando l’esercente, dotato di Pos, rifiuti di accettare carte di pagamento, ma anche quando ne risulti sprovvisto.

Quando il cliente chieda di saldare il dovuto con uno degli strumenti di pagamento operanti attraverso il Pos, l’eventuale diniego potrà peraltro essere giustificato solo nei casi di oggettiva impossibilità tecnica, ad esempio per problemi di connettività temporanea o malfunzionamenti tecnici dell’apparecchio.

Al riguardo, sarà fondamentale che vengano puntualmente individuate tali ipotesi per evitare che la norma possa essere disapplicata surrettiziamente.

La sanzione irrogata non ha inoltre natura tributaria e, per l’effetto, non trovano applicazione le disposizioni generali in tema di ravvedimento operoso o di cumulo giuridico.

Le modalità di contestazione, le procedure e i termini sono infatti quelli propri delle sanzioni amministrative previste dalla legge 689 del 1981, con espressa esclusione dell’istituto della cosiddetta oblazione amministrativa che avrebbe invece consentito, all’esercente o al professionista, di pagare una somma pari alla terza parte del massimo della sanzione oppure, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento.

In attesa di più puntuali indicazioni procedurali, un cliente che si veda negato il pagamento con uno di tali strumenti oltre a essere, in qualche modo, legittimato a pretendere di saldare il dovuto anche in un momento successivo all’acquisto, può segnalare il comportamento dell’esercente all’autorità amministrativa competente: per esempio è il caso, tra gli altri, della polizia municipale o della Guardia di Finanza.

All’accertamento possono procedere gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria i quali, dopo la contestazione della violazione e la notifica del relativo atto, sono chiamati a presentare rapporto al Prefetto della provincia nella quale è stata commessa la violazione.

Terminata l’istruttoria, il prefetto adotta un’ordinanza-ingiunzione impugnabile dinnanzi al giudice ordinario.

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