I temi di NT+Modulo 24

Frodi Iva e doganali, sugli illeciti transnazionali in campo la Procura europea

Le aziende e gli operatori del diritto penale tributario sono chiamati a confrontarsi con il ruolo della Procura europea

Nel 1995, durante una riunione dei presidenti delle associazioni europee di diritto penale all’università di Urbino, viene lanciata l’idea di uno spazio giuridico europeo per la tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee. Nel 1997 l’idea si concretizza nel «Corpus iuris: introduzione di disposizioni penali ai fini degli interessi finanziari dell’Unione europea» che comprende la proposta per la creazione di un Procuratore europeo.

Le origini della Procura europea

Si dovrà attendere il Trattato di Lisbona perché la Procura europea trovi, nell’articolo 86 del Tfue, la base giuridica della sua attuale configurazione. È seguendo la procedura legislativa delineata dal Trattato che, il 3 aprile 2017, sedici Stati membri dell’Ue notificano a Parlamento europeo, Consiglio e Commissione il desiderio di instaurare una cooperazione rafforzata sull’istituzione dell’Eppo. Con lettera del 22 giugno 2017, anche l’Italia ha indicato la propria intenzione di partecipare all’instaurazione della cooperazione rafforzata.

A oggi, tutti gli Stati membri dell’Ue hanno aderito alla cooperazione rafforzata, con esclusione di Danimarca, Irlanda, Polonia, Svezia, Ungheria. Dalla lettura dei sopra citati documenti, emerge la progressiva individuazione di organismi sopranazionali ai quali sono affidati poteri e compiti che prima erano prerogativa dei soggetti nazionali. Ciò ha condotto al graduale superamento dei limiti dello stato nazionale per approdare a un modello di integrazione di stampo federale basato sulla cooperazione tra Stati.

La Procura europea, lungi dall’essere il risultato finale di tale processo, è una novità senza precedenti, trattandosi di un organismo giudiziario dell’Ue che è indivisibile e indipendente, sia rispetto agli Stati membri dell’Ue, istituzioni, organi, uffici o agenzie dell’Ue, che alle autorità giudiziarie di detti Stati membri.

I 20 Procuratori europei delegati, assegnati per questioni organizzative, a 9 Procure italiane e che rappresentano il «braccio operativo» della Procura europea, non sono soggetti né al potere di direzione attribuiti ai procuratori della Repubblica, né all’attività di vigilanza del Procuratore generale presso la Corte d’appello. La Procura europea, tuttavia, risponde a Parlamento europeo, Consiglio e Commissione in merito alle proprie attività generali e presenta relazioni annuali.

Il contrasto alle frodi Iva e doganali

Il principio di stretta legalità penale, sancito all’articolo 25 della Costituzione, potrebbe indurre a pensare di trovarci di fronte a una lista di reati identificati da un nomen iuris ben definito e uniforme. Al contrario, considerato che la Procura europea si trova a operare unitariamente in 22 Stati con propri diritti penali sostanziali, ordinamenti giudiziari, nonché altrettanti riti con le rispettive peculiarità, il processo di identificazione dei reati fiscali da ascrivere alla sua competenza richiede un’attività interpretativa il cui punto di partenza è tratteggiato dall’articolo 22 del regolamento (Ue) 2017/1939 che, a sua volta, rinvia all’articolo 3 della direttiva (Ue) 2017/1371. Quest’ultima, nel fornire norme minime riguardo all’individuazione di reati e sanzioni, delinea una definizione comune di frode che ricomprende la condotta fraudolenta dal lato delle entrate (i.e. gettito derivante da dazi doganali e Iva), delle spese (i.e. fondi europei, Pnrr) e dei beni a danno del bilancio generale dell’Ue, comprese le operazioni finanziarie, quali l’assunzione e l’erogazione di prestiti.

Tramite tale rinvio, rientrano nella competenza della Procura europea i reati gravi contro il sistema Iva. Si tratta delle forme più gravi di frode Iva, identificate con la frode carosello, la frode Iva dell’operatore inadempiente e quella commessa nell’ambito di un’organizzazione criminale.

La frode che lede gli interessi finanziari dell’Ue a danno delle entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’Iva, si concretizza nelle condotte criminose intenzionali, commissive e omissive, perpetrate nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, posti in essere mediante:

• utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti relativi all’Iva, cui consegua la diminuzione di risorse del bilancio dell’Ue;

• mancata comunicazione di un’informazione relativa all’Iva in violazione di un obbligo specifico, cui consegue lo stesso effetto, ovvero

• presentazione di dichiarazioni relative all’Iva per dissimulare, in maniera fraudolenta, il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell’Iva.

Il processo di identificazione delle fattispecie penalmente rilevanti, tuttavia, esige ancora un ulteriore sforzo perché tali fattispecie, per poter essere perseguite dal Pm europeo, devono assumere una dimensione transnazionale, che si concretizza nella connessione della condotta criminosa al territorio di due o più dei 22 Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata. Le stesse condotte, inoltre, devono comportare un danno erariale o un profitto, nella prospettiva del trasgressore, di almeno dieci milioni di euro in termini di imposta evasa.

Inoltre, affinché tali reati possano rientrare nella competenza della Procura europea, assume rilevanza la natura e la misura delle sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive previste dalla legislazione penale. In particolare, nei riguardi delle persone fisiche, per le frodi Iva e doganali che ledono gli interessi finanziari dell’Ue, gli Stati membri sono chiamati ad adottare misure necessarie affinché tali reati siano punibili con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli.

La direttiva Pif precisa altresì che i danni o i vantaggi derivanti dai reati di frode Iva connesse al territorio di 2 o più Stati membri dell’Ue e che comportano un danno complessivo pari ad almeno 10 milioni di euro, si presumono sempre considerevoli.

La sintesi del processo di identificazione delle fattispecie rilevanti è offerta dalla nota del vice Procuratore della Procura europea datata 4 gennaio 2021, indirizzata alla Presidenza del Csm, nella quale sono richiamati i reati tributari in materia di Iva (agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-quater e 11 del Dlgs 74/2000).

Si tratta di fattispecie criminose che hanno subito gli effetti di un pesante inasprimento delle sanzioni che si è sostanziato nell’elevazione delle cornici edittali di pena e nella riduzione delle soglie di punibilità per effetto del Dl 124/2019, convertito dalla legge 157/2019. A causa di tale intervento legislativo, tutti i reati sopra indicati sono puniti con una pena massima pari o superiore a quattro anni di reclusione, in coerenza con quanto disposto dal regolamento (Ue) 2017/1939 e dalla direttiva Pif.

Ulteriori modifiche alla normativa penal-tributaria sono state introdotte dal Dlgs 75/2020, di recepimento della direttiva Pif. In particolare, è previsto che i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2 del Dlgs 74/2000), dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 del Dlgs 74/2000) e dichiarazione infedele (articolo 4 del Dlgs 74/2000), con effetto dal 30.7.2020, sono punibili, anche a titolo di tentativo, quando sono compiuti anche nel territorio di altro Stato membro dell’Ue al fine di evadere l’Iva per un valore complessivo non inferiore a dieci milioni di euro.

A loro volta, i dazi della tariffa doganale comune e altri dazi, fissati o da fissare da parte delle istituzioni dell’Unione, sugli scambi con paesi terzi sono annoverati tra le risorse proprie tradizionali dell’Ue.

Rispetto ai dazi, la direttiva Pif identifica la frode doganale con l’azione o l’omissione relativa a:

• utilizzo o presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua la diminuzione illegittima delle risorse del bilancio dell’Ue o dei bilanci gestiti da quest’ultima o per suo conto;

• mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero

• distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto.

Sotto il profilo sanzionatorio, la direttiva Pif precisa che i danni o i vantaggi derivanti dai reati di frode doganale si presumono considerevoli qualora siano valore superiore a 100mila euro.

Con la medesima nota del 4 gennaio 2021, i reati doganali perseguibili dalla Procura europea sono stati identificati con i reati di contrabbando di cui al Dpr 43/1973, anche nella forma associativa ex articolo 291-quater del Dpr 43/1973. Rientrano pertanto nella competenza della Procura europea le condotte criminose degli articoli da 282 a 289; 291; 291-bis, ter e quater e 292 del Tuld.

I possibili scenari futuri

Nell’ambito del quadro sopra delineato, le aziende e gli operatori del diritto penale tributario sono chiamati a confrontarsi con il ruolo della Procura europea nella consapevolezza che già esiste la fonte normativa sovranazionale – articolo 86 Tfue – che legittima il Consiglio europeo, seppure deliberando all’unanimità e previa approvazione del Parlamento europeo e consultazione della Commissione, ad adottare una decisione per «estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale», con conseguente ampliamento dell’azione penale della medesima nei confronti degli «autori di reati gravi con ripercussioni in più Stati membri e i loro complici».

Non solo. La circostanza che il pubblico ministero europeo sia legittimato a trattare anche «qualsiasi reato indissolubilmente connesso» - concetto al momento non meglio definito, neanche a livello di norme minime, né dalla direttiva Pif né dal regolamento (Ue) 2017/1939 - ai reati che già rientrano nella sua competenza principale, legittima a immaginare scenari caratterizzati da una graduale e progressiva estensione dei suoi compiti.

Inoltre, sebbene ciò non sia previsto espressamente dal regolamento (Ue) 2017/1939, la Procura europea è chiamata a espletare le sue funzioni anche nel caso di reati di cui sono responsabili le persone giuridiche. Il regolamento, infatti, comprende nella definizione di persona, qualsiasi persona fisica o giuridica e contempla la liquidazione della persona giuridica indagata o imputata tra le cause di archiviazione del caso sul quale la Procura europea ha svolto le proprie indagini. Tuttavia, la direttiva Pif contempla la responsabilità delle persone giuridiche anche per i reati di frode Iva e doganale e declina le sanzioni previste anche per le persone giuridiche.

L’istituzione della Procura europea ha, nel mentre, già trovato riscontro e supporto da parte dell’agenzia delle Entrate che, con la circolare 4/E/2021, ha delineato gli indirizzi operativi sulla prevenzione e contrasto all’evasione fiscale, indicando che continuerà a promuovere i controlli avverso i più rilevanti fenomeni illeciti che, quando relativi a frodi all’Iva intracomunitaria, dovranno essere, nei casi previsti, rappresentati alla competente Procura europea.

Inoltre, la Guardia di Finanza, con circolare operativa diramata il 1° giugno 2021, ha sottolineato l’esigenza di doppia comunicazione delle notizie di reato in tema di Iva, una da inviare alla Procura europea e una alla procura nazionale e, soprattutto, ha già provveduto a eseguire i primi sequestri preventivi ordinati dalla neo istituita Procura europea.

Questo articolo fa parte del Modulo24 Iva del Gruppo 24 Ore.
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