Controlli e liti

Polizze unit-linked con il regime fiscale dei contratti assicurativi

Due sentenze della Ctr Lombardia ribadiscono che non si applicano le regole degli strumenti finanziari

di Nicola Alvaro e Antonio Longo

La partita sulla qualificazione fiscale delle polizze unit-linked assegna un altro set ai contribuenti: si applica il regime dei contratti assicurativi e non quello degli strumenti finanziari. La conferma arriva dalla Ctr Lombardia con le sentenze 1864/14/2021 e 1865/14/2021 dello scorso 17 maggio, che ribadiscono le conclusioni dei giudici di primo grado (si veda Il Sole 24 Ore del 4 dicembre 2019).

Il caso riguarda un accertamento con cui l’ufficio chiedeva le imposte asseritamente non versate in relazione ai redditi derivanti da attività finanziarie estere sottese a un prodotto assicurativo vita sottoscritto con una società lussemburghese operante in Lps in Italia. Le Entrate ritenevano che la polizza fosse equiparabile ad uno strumento finanziario - da cui derivano redditi di capitale da assoggettare a tassazione anno per anno - data l’assenza della garanzia circa la restituzione del capitale e del cosiddetto «rischio demografico», elementi ritenuti incompatibili con lo schema assicurativo. E ciò sebbene sia la stessa agenzia delle Entrate, nella circolare 14/E del 2016, a definire le unit-linked polizze sulla vita. Secondo la difesa, le polizze sono correttamente ascrivibili alla categoria dei contratti assicurativi ex articolo 1882 del Codice civile e articolo 2 del Dlgs 209/2005 (Cap) e la qualificazione data dalla normativa di settore non può non valere in ambito tributario. Si tratta di polizze spesso utilizzate per finalità di pianificazione successoria, che consentono il differimento delle imposte sui redditi e di bollo al momento del riscatto o della successione e sono escluse dall’asse ereditario. L’approccio ermeneutico che, in alcuni casi, le ha considerate negozi con causa speculativa (Cassazione 10333/2018) sembra invero riconducibile ai contratti sottoscritti prima che le disposizioni del Tuf fossero modificate dalla legge 262/2005 (sul risparmio) e dal Dlgs 303/2006 (decreto Pinza), con l’introduzione della categoria dei «prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione».

La Cassazione (6319/2019) ha più di recente statuito che rientrano nell’articolo 1882 del Codice civile le unit-linked che però mantengono la componente del rischio demografico. Una diversa prospettiva è stata quella seguita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (causa C-542/16 del 2018) secondo cui per rientrare nella nozione di contratto di assicurazione sono necessari (e sufficienti) il pagamento di un premio da parte dell’assicurato e la prestazione dell’assicuratore in caso di decesso del primo o del diverso evento previsto, senza che rilevino valutazioni circa l’allocazione del rischio finanziario. Del resto, l’evoluzione della disciplina sovranazionale, con il regolamento Priips, che ha introdotto la nozione di «prodotto di investimento assicurativo», e la direttiva Idd sulla distribuzione assicurativa, conduce a ritenere che l’assenza di una garanzia di restituzione del capitale non sia un elemento incompatibile rispetto alla qualificazione del contratto come assicurativo (Tribunale di Brescia 13 giugno 2018; Tribunale di Bergamo 2426/2019).

Ebbene, la Ctr Lombardia tira le fila e considera non ostative alla natura fiscale assicurativa le seguenti caratteristiche: assenza di certezza sull’entità del capitale rimborsato; assenza di premi costanti pagati dall’assicurato; mancata assunzione del rischio demografico; selezione dei diversi indirizzi di gestione in base al profilo di rischio del contraente; modifica del peso degli indirizzi di gestione (“switch” tra fondi sottostanti).

Inoltre, la Ctr non ravvisa alcuna violazione delle norme sul monitoraggio fiscale (quadro RW), ritenendo sufficiente il fatto che la compagnia agisse come sostituto d’imposta.

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