Controlli e liti

Va riconosciuto il credito sorto dal modello omesso

La Cassazione: il credito Irpef riveniente da una dichiarazione omessa può essere riconosciuto qualora il contribuente ne dimostri l’esistenza, in sede di impugnazione dell'iscrizione a ruolo dell'Ufficio

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Il credito Irpef riveniente da una dichiarazione omessa può essere riconosciuto qualora il contribuente ne dimostri l’esistenza, in sede di impugnazione dell'iscrizione a ruolo operata dall'Ufficio. L'importante precisazione giunge dall'ordinanza 13902 depositata il 22 maggio dalla Corte di cassazione.

Nel caso deciso dalla Corte, l'Ufficio aveva contestato una compensazione di credito Irpef non indicato nelle dichiarazioni precedenti. A tale scopo, lo stesso aveva proceduto con l'iscrizione a ruolo, ex articolo 36 bis del Dpr 600/1973. Il contribuente aveva impugnato la conseguente cartella di pagamento, eccependo la previsione di cui all’articolo 36 bis, a mente della quale i dati liquidati con tale procedura si considerano dichiarati dal contribuente.

La Corte di cassazione ha colto l'occasione per affermare alcuni principi generali in materia di emendabilità della dichiarazione. È stato in particolare ribadito che la dichiarazione tributaria, nella parte in cui consiste in una manifestazione di scienza, è sempre ritrattabile, entro i limiti stabiliti dalla normativa. È in ogni caso ammessa la rettifica anche oltre i suddetti termini, in sede di impugnazione della pretesa fiscale, come stabilito espressamente dall'articolo 2, comma 8 bis, Dpr 322/1998. Tanto, in attuazione del principio di capacità contributiva, di cui all'articolo 53 della Costituzione, che vieta l'applicazione delle imposte su redditi in realtà non posseduti.

In tale contesto, quindi, sempre secondo la Corte, deve essere riconosciuta la possibilità di far valere, in via contenziosa, l'esistenza di crediti d'imposta riconducibili a dichiarazioni omesse, dunque, non soltanto quelli non indicati in dichiarazioni regolarmente presentate. Allo scopo, il contribuente deve dimostrare al giudice tributario la sussistenza degli elementi costitutivi del credito. Nel caso di specie, l'Ufficio aveva contestato l'indebita compensazione, senza tuttavia mettere in discussione il quantum del credito: da qui la pronuncia di accoglimento della richiesta del contribuente.

In materia di crediti da dichiarazioni omesse, va ricordato che l'orientamento di Cassazione è pacifico in materia di Iva nel riconoscere i diritti dei soggetti passivi, a condizione che il credito risulti, oltre che documentato, indicato nelle liquidazioni periodiche (Cassazione 29415/2022). Non è invece altrettanto pacifica l'applicazione dei medesimi criteri nell'ambito delle imposte dirette, anche perché in tale ambito non è possibile invocare il principio di neutralità che vale solo per l'Iva.

In questo contesto di grande attenzione ai diritti dei contribuenti, sorprendono pertanto ancor più le rigidità dei giudici di vertice in ordine alla non emendabilità della denuncia in relazione ai vantaggi eventualmente dimenticati nel modello originario, tanto più nei casi in cui la legge non sanzioni espressamente le disattenzioni dell'interessato. Si pensi ad esempio al riporto delle perdite o alla mancata barratura di una casella rispetto alla quale il comportamento concludente della parte indica una volontà incompatibile con l'omissione originaria.

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