Imposte

Il 110% ancora frenato sui general contractor

I corrispettivi pagati alle imprese intermediarie restano non detraibili. Ma si tratta di un’interpretazione rivedibile

ADOBESTOCK

di Silvio Rivetti

Sull’indetraibilità dei corrispettivi riconosciuti ai general contractor, per il coordinamento di imprese e professionisti coinvolti nei lavori da superbonus, le recenti conclusioni delle Entrate destano qualche dubbio. A partire dalla definizione stessa di general contractor contenuta nella maxi-circolare 23/E.

Al punto 6.1, infatti, si afferma che sono contraenti generali le imprese che, su incarico dei committenti, gestiscono i rapporti con i soggetti che eseguono i lavori da superbonus; e anche, «in taluni casi», i rapporti con i professionisti e con i tecnici. Tale definizione appare restrittiva e non coglie che la gestione degli adempimenti tecnico/professionali, offerta dai general ai loro committenti anche in via indiretta, non è solo eventuale ma è anzi una componente centrale del servizio “completo” che li contraddistingue. Pertanto, non pare potersi qualificare come general contractor chi si occupa solo dell’attività edilizia, e non anche, in qualche modo, della gestione dei soggetti deputati al rilascio delle asseverazioni e dei visti di conformità.

Le peculiarità dell’impresa

Quanto, poi, all’attività del general contractor “impresa”, si noti che quest’ultima è definita dalla circolare come soggetto che «frequentemente» è già operante nella riqualificazione energetico/edilizia; e che in alcuni casi «subappalta» la gestione di tutto o parte dell’intervento (gestendo anche i citati rapporti con i professionisti).

Il contemporaneo riferimento all’attività specifica di settore da un lato, e al subappalto dall’altro, lascia intendere che agli occhi del Fisco un’impresa general contractor, operante nell’ambito del superbonus al di fuori dei casi del mandato con o senza rappresentanza, in forza di competenze proprie e dell’organizzazione di mezzi, eventualmente subappaltando parte dei lavori o delle incombenze, è da intendersi implicitamente come un appaltatore ex articolo 1655 del Codice civile. E quindi svolge una prestazione di servizi rilevante ai fini Iva in base all’articolo 3 del Dpr 633/1972, per cui è dato un corrispettivo «secondo le condizioni contrattuali» liberamente stabilite (articolo 13 del Dpr 633).

Se ciò è vero, la componente del corrispettivo pattuito tra le parti – espressamente o tacitamente riguardante la remunerazione del general appaltatore per la sua attività di “coordinamento” dei subappaltatori o dei tecnici – apparirebbe essere componente essenziale della sua attività e strettamente funzionale all’effettuazione delle opere, oggetto del contratto d’appalto: come tale, quindi, spesa detraibile. Un appaltatore, infatti, gestisce naturalmente i suoi subappaltatori addebitando in capo ai committenti sia i ricarichi delle loro prestazioni, sia le relative attività di coordinamento che rientrano nella propria attività d’impresa.

Gestione e coordinamento

La conclusione del Fisco, per cui non ricadono nell’agevolazione le componenti di spesa riconducibili ai compensi dovuti al general solo per «gestione e coordinamento» di imprese esecutrici e professionisti, sarebbe allora meritevole di una più puntuale specificazione: per applicare forse tale chiusura, quantomeno, alle voci di corrispettivo dovute – per i fini citati – alle sole imprese prive della qualifica di appaltatori e delle competenze settoriali ex articolo 1655 del Codice. E che quindi operano come general contractor a titolo di meri intermediari tra la domanda dei committenti e l’offerta del mercato.

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