Adempimenti

Obiettivo Fisco semplice: tre punti su cui la delega può imprimere la svolta

Per evitare che il Ddl si traduca in ritocchi marginali occorre intervenire sulle regole di deducibilità e determinazione del reddito

di Primo Ceppellini e Roberto Lugano

Razionalizzare, semplificare e rendere più efficiente il sistema fiscale, ridurre la tassazione sulle componenti produttive, mantenere la progressività e ridurre l’evasione: sono queste le linee guida del Ddl sulla riforma fiscale varato dal Consiglio dei ministri del 5 ottobre. Sono obiettivi assolutamente condivisibili, in linea con le indicazioni ricevute dalle commissioni parlamentari. Bisogna però notare che sono gli stessi obiettivi che ogni tentativo di riforma degli ultimi decenni si è posto, quasi sempre con miseri risultati.

La delega fiscale va riempita di contenuti, prima dal Parlamento e poi dai decreti legislativi delegati: è sul coraggio e sulla forza innovativa di questi contenuti che si gioca la partita della riforma, perché il rischio è incappare nell’ennesima revisione di piccoli aspetti (aliquote, scaglioni, coefficienti di deduzione o ammortamento) lasciando inalterate le (perverse) logiche di fondo del sistema attuale. Facciamo qualche esempio molto semplice.

Reddito di impresa

Ci sono almeno tre aspetti che meriterebbero modifiche radicali.

1 In primo luogo, si dovrebbero rivedere tutte le norme sulla limitazione della deducibilità dei costi. Per eliminare una notevole mole di complicazioni formali (deduzione auto, spese di rappresentanza eccetera) basta identificare un elenco di costi potenzialmente “promiscui” e stabilire che il loro totale può essere dedotto fino a una percentuale dei ricavi.

2 Se si vuole veramente avvicinare risultato civilistico e reddito d’impresa andrebbero eliminate le distonie temporali sulla deduzione dei costi: si pensi alla possibilità di dedurre ammortamenti dei beni materiali e immateriali nella stessa misura imputata al conto economico. Fa paura l’impatto sul gettito? Ricordiamo che i principi contabili delineano le regole di bilancio sulla sistematicità degli ammortamenti e, soprattutto, che le imprese difficilmente sarebbero disposte ad affossare i risultati economici solo per dedurre in modo ultrarapido gli ammortamenti. In ogni caso, sarebbe comunque una partita di giro: ammortizzare più in fretta anche fiscalmente significa solo concludere prima il processo di deduzione (e gli imponibili si alzerebbero negli anni successivi). Probabilmente, poi, terminare la deduzione in tempi più rapidi darebbe una spinta al rinnovo degli impianti e dei macchinari. In fin dei conti, non è una logica diversa da quella degli iperammortamenti.

3 Si dovrebbe finalmente pensare a cancellare o a rivedere radicalmente i sistemi di determinazione automatica del reddito imponibile per particolari soggetti (prime fra tutte le società di comodo). Le metodologie di tassazione legate a criteri matematico-statistici con finalità antielusiva dirette a colpire società contenitori di beni-patrimonio hanno sempre dimostrato notevoli limiti, soprattutto perché il cambiamento del ciclo economico le rende velocemente obsolete: inserirle come norme a regime crea notevoli problemi agli operatori e alla stessa amministrazione che si trova spesso ad applicare parametri senza senso rispetto ai riferimenti di mercato, oltre ad essere coinvolta nella burocrazia che si genera a seguito degli interpelli dei contribuenti o per la gestione del contenzioso.

Sarebbe quindi davvero importante rivisitare in modo sostanziale queste disposizioni tenendo conto della situazione contingente, introducendo anche, come è stato fatto in passato, norme temporanee che consentano la fuoruscita dei beni-patrimonio dal regime d’impresa (assegnazione agevolata ai soci o trasformazione in società semplice)

Non solo microtributi

Il Ddl delega fa riferimento all’eliminazione di «micro-tributi per i quali i costi di adempimento dei contribuenti risultino elevati a fronte di un gettito trascurabile per lo Stato», trovando le opportune compensazioni di gettito. Sicuramente è una cosa da fare, ma è ancora poco sulla strada della semplificazione e dell’equità.

Ci sono tributi più rilevanti in termini di gettito che andrebbero ripensati criticamente. Pensiamo all’imposta di bollo, nata in un mondo “cartaceo” e ora diventata un orpello digitale mantenuto in vita solo a fini di gettito. O all’imposta di registro, in alcuni casi esagerata (compravendite di immobili), in altri cervellotica: basti l’esempio dei finanziamenti dei soci che possono essere tassati al 3%, oppure ad imposta fissa, o anche esclusi (a seconda della forma con cui vengono perfezionati o enunciati) e a tutti gli intrecci e le posizioni giurisprudenziali nel caso di verbali assembleari di copertura perdite. In un ottica di modernizzazione dell’imposta, questi aspetti dovrebbero essere rivisti, evitando che le “grandi complicazioni” per dettagli burocratici creino situazioni antieconomiche e degradino ulteriormente il rapporto fisco-contribuente.

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