Controlli e liti

Il ravvedimento esclude la punibilità del reato di dichiarazione infedele

L’alert non è un atto accertativo e non può escluderel’applicazione dell’esimente penale

Per le lettere d’intento l’avviso del fisco ha effetti particolarmente gravi verso il passato, mettendo in luce criticità forse mai considerate. Le imprese fornitrici che infatti hanno ricevuto o riceveranno warning letter dovranno procedere immediatamente ad una due diligence interna al fine di valutare, sulla base dei dettami stabili dalla Corte di cassazione e dalla Corte di giustizia, se per le operazioni passate possa essere contestata la consapevolezza rispetto alla frode perpetrata dal cliente.

Ricordiamo infatti che la Cassazione (176/2015, 4593/2015, 19898/2016, 14936/2018 e 1988/2019) ha adottato un orientamento rigoroso che impone al fornitore di provare, qualora sia accertata la presenza di dichiarazioni d’intento ideologicamente false, di aver adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere per assicurarsi di non partecipare alla frode. Se il fornitore poteva intuire l’intento fraudolento sarà chiamato a versare l’Iva non addebitata in fattura oltre alle sanzioni con il rischio concreto che, se venissero superate le soglie penali, vi sia anche la segnalazione alla procura per il reato di infedele dichiarazione ex articolo 4 del Dlgs 74/2000.

L’analisi interna è particolarmente importante in quanto necessaria ad attenzionare le operazioni poste in essere con il cliente segnalato dall’agenzia delle Entrate (o con altri soggetti con le medesime caratteristiche) al fine di verificare se vi sono gli elementi per ritenere che l’impresa fornitrice potesse «intuire l’intento fraudolento».

I controlli andranno effettuati analizzando, attraverso una check list, l’effettiva operatività della società cliente, l’iscrizione al Vies, le modalità degli accordi commerciali, il rispetto degli adempimenti contabili eccetera.

In presenza di criticità vi sarà la possibilità di scongiurare l’accertamento da parte dell’agenzia delle Entrate, sanando la propria posizione attraverso l’istituto del ravvedimento operoso, con la presentazione della dichiarazione integrativa e versando l’Iva dovuta con sanzioni ridotte al minimo ed interessi.

In tal modo verrebbe scongiurato anche il rischio penale. Infatti potrebbe operare la causa di non punibilità ai fini penali prevista dall’articolo 13, comma 2, del Dlgs 74/2000, secondo cui la fattispecie di dichiarazione infedele non è punibile qualora i debiti tributari (comprese sanzioni ed interessi) siano stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti a seguito di ravvedimento operoso.

Questo, sempreché il ravvedimento sia intervenuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Di certo la lettera di compliance non è un atto accertativo e non può escludere l’applicabilità dell’esimente penale.

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