Imposte

L’acconto chiama alla cassa anche i proprietari di immobili all’estero

Il versamento dell’Ivie fa i conti con le differenti regole di calcolo a seconda dei Paesi di detenzione del fabbricato

di Alberto Crosti e Stefano Vignoli

Il 30 novembre 2022 è la scadenza entro cui versare, senza facoltà di rateizzo, anche il secondo acconto dell’Ivie dovuto nella misura del 60% dell’acconto complessivo per l’anno 2022 calcolato con metodo storico o previsionale, ovvero nella misura del 50% per i “soggetti Isa”. I soggetti passivi tenuti al pagamento sono innanzitutto le persone fisiche, tranne i neoresidenti che hanno optato per l’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 24-bis o 24-ter del Tuir, che beneficiano dell’esonero anche ai fini Ivafe, nonché della redazione del quadro RW.

L’imposta è applicata con l’aliquota dello 0,76% sul valore del bene che, per i Paesi Ue o See è prioritariamente quello catastale (si veda la lista individuata dalla circolare 28/E/2012). In assenza di valore catastale, il valore da utilizzare è il costo risultante dall’atto di acquisto, anche a titolo di donazione o di successione e, se manca anche questo dato, il riferimento è al valore di mercato. Per la Francia, che non dispone di un vero e proprio valore catastale, vi è la possibilità di utilizzare il reddito medio ordinario (Rmo), equiparato alla nostra rendita catastale, stimabile nel 50% della base imponibile ai fini della “taxe d’habitation”, da moltiplicare per 160, valore sul quale poi si calcola lo 0,76%. L’utilizzo di tale valore è facoltativo e, pertanto, il contribuente potrà riferirsi al costo di acquisto se inferiore.

Nella lista della circolare 28 compare anche la Council tax, ma l’uscita del Regno Unito dall’Ue non permette più di utilizzare la base imponibile ridotta ai fini di tale imposta, con conseguente notevole incremento della tassazione degli immobili oltremanica. La circolare 28/E/2012 permette inoltre di conoscere le imposte corrisposte all’estero detraibili dall’Ivie.

Ad esempio, per gli immobili in Francia, è possibile scomputare la “taxe foncière” (equiparabile all’Imu), oltre alla “Ifi”, imposta sulla fortuna immobiliare, vera e propria imposta patrimoniale che non trova corrispondenza in Italia. L’Ifi è scomputabile dall’Ivie, anche se non risulta citata dalla circolare 28 che faceva riferimento alla previgente Impôt de solidarité sur la fortune (Isf): dal 2018 l’Ifi ha infatti sostituito l’Isf limitando ai soli immobili il patrimonio tassabile.

L’Ivie presenta alcune criticità: in primo luogo discrimina nello spazio, incidendo in modo molto diverso da Paese a Paese, considerato ad esempio i modesti vantaggi (Francia) o l’impossibilità (Regno Unito) di usare un valore catastale. Inoltre discrimina nel tempo, dato che la sua base imponibile è influenzata dal valore di acquisto, generando forti e non giustificate discriminazioni tra soggetti che hanno acquistato in tempi lontani rispetto a chi ha effettuato acquisti di recente, in particolare in presenza di mercato immobiliare in forte crescita (si pensi all’immobile nel centro di Parigi o nel Principato di Monaco che non dispongono di valore catastale).

Nel caso di separazione tra usufrutto e nuda proprietà inoltre, la base imponibile può scendere significativamente in funzione dell’età dell’usufruttuario, diversamente dall’Imu che è agganciata al valore catastale e non varia in funzione del momento storico in cui l’acquisto è effettuato.

Vi sono altri aspetti che meritano un commento: non è facile comprendere la logica dell’Ivie che si giustifica con l’obiettivo di sottoporre a tassazione gli immobili situati all’estero per bilanciare la tassazione ai fini Imu degli immobili in Italia. Il legislatore ha dimenticato che l’Imu viene corrisposta a fronte dei servizi che il Comune eroga a favore dei suoi cittadini, mentre per l’Ivie questo collegamento manca, in quanto i servizi sono resi dai Comuni esteri, ciò che rende l’Ivie una vera e propria imposta sul patrimonio.

Come precisato dalla circolare 28/E/2012, l’imposta trova inoltre applicazione anche nel caso in cui gli immobili siano detenuti per il tramite di società fiduciaria, nonché nei casi in cui detti beni siano formalmente intestati ad entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust) che agiscono quali persone interposte.

In effetti, un accenno merita l’intestazione dell’immobile ad una società immobiliare localizzata all’estero: se è corretto affermare che il quadro RW, che poi permette la determinazione dell’Ivie, non debba indicare il valore del bene sottostante, è altrettanto vero che è concreto il rischio di contestazione sulla fittizietà dello schermo interposto, in particolar modo se non si riesce a dimostrare che la società ha una sua vita gestionale autonoma, ma di fatto è un vero e proprio schermo. Se la contestazione avesse successo gli effetti a cascata sarebbero rilevanti, stante sia il mancato pagamento dell’Ivie, sia in particolare la mancata indicazione in RW di valori spesso consistenti.

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