Imposte

Sull’exit tax il rischio della doppia imposizione

L’interpretazione delle Entrate rende assoluta l’unitarietà della partecipazione con possibili distorsioni. Penalizzati il trasferimento di sede all’estero, la fusione, la scissione, il conferimento

di Marco Piazza

Esiste un rischio concreto di doppia imposizione nei casi di cessione oppure di operazioni internazionali (trasferimento di sede, fusione, scissione o conferimento) che interessino aziende o rami d’azienda nel cui attivo siano comprese partecipazioni.

Le plusvalenze delle aziende concorrono a formare il reddito d’impresa sia in caso di cessione a titolo oneroso, sia in presenza di altre forme di realizzo come l’assegnazione ai soci, la destinazione a finalità estranee all’impresa, il conseguimento di un risarcimento (articolo 86, comma 2, Tuir) , il trasferimento all’estero della sede della società; nonché la fusione, scissione o conferimento in una società estera qualora l’azienda non venga fatta confluire in una stabile organizzazione in Italia della società estera (v. articolo 166, Tuir).

È consolidato il principio secondo cui la plusvalenza deve essere determinata unitariamente, perché i diversi beni elementi patrimoniali che compongono l’azienda costituiscono una “unità funzionale” determinata dal coordinamento realizzato dall’imprenditore. Questo orientamento è costante nella prassi, dalla nota 9/199 del 1979 (su fatto che in caso di cessione d’azienda anche le merci comprese nel perimetro di cessione generano plusvalenze) alla risposta 45 del 2022 relativa al conferimento di un ramo d’azienda e di partecipazioni. La visione unitaria dell’azienda ha consentito all’Agenzia di confermare, ad esempio, che ai fini della verifica del requisito del possesso triennale per la rateazione della plusvalenza (art. 86, comma 4, Tuir) il termine triennale va computato avendo riguardo al giorno in cui l’azienda è stata acquisita o l’impresa si è costituita indipendentemente dall’acquisto dei singoli beni che concorrono alla formazione dell’azienda (vedi circolare 320/E del 1997, paragrafo 1.2.2).

Secondo l’Agenzia delle entrate, però, il principio della unitarietà della plusvalenza va inteso in senso assoluto quindi anche quando l’azienda comprende partecipazioni suscettibili di generare plusvalenze esenti sulla base dell’articolo 87 del Testo unico. In questo senso si è espressa originariamente la circolare 6/E del 2006 (si veda anche il commento critico dell’Assonime nella circolare 13 del 2006) e recentemente, in un caso di trasferimento all’estero della sede di una holding, il principio di diritto 10 del 2021 (commento critico dell’Assonime nelle circolari 16 e 24 del 2021).

In questo modo la cessione onerosa dell’azienda, il trasferimento della sede all’estero, il conferimento, la scissione o fusione senza confluenza dell’azienda di una stabile organizzazione in Italia, diventa causa di una distorsione fiscale: la doppia tassazione economica del reddito attuale e prospettico della società ceduta. Una distorsione che potrebbe essere evitata trasferendo le partecipazioni separatamente dall’azienda, ma in questo modo - visti i pronunciamenti ricorrenti da parte dell’Agenzia - il rischio di essere accusati di abuso del diritto sarebbe certamente eccessivo.

Gli esempi

La stabile organizzazione: le condizioni. Un primo caso possibile è quello in cui l’Ufficio contesta che, in un caso di fusione, scissione, conferimento internazionale o trasferimento di sede all’estero, non sia stata mantenuta una stabile organizzazione in Italia. In questo caso, sarà applicata l’exit tax sull’intera plusvalenza relativa all’azienda, con tassazione integrale delle plusvalenze sulle partecipazioni secondo il discutibile orientamento contenuto nel principio di diritto 10. Peraltro, è noto, a questo proposito, che una stabile organizzazione può assumere il ruolo di holding se esercita una attività di impresa in Italia ai i sensi dell’articolo 55 del testo unico.

Questo requisito non può considerarsi verificato se l’attività svolta in Italia consiste nella mera detenzione (limitata al godimento dei relativi frutti) di partecipazioni; quando cioè tale possesso dà luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o socio nonché, eventualmente, alla percezione dei dividendi, semplici frutti della proprietà di un bene (circolare 53/E del 2004, paragrafo 2.1.2; risposta all’interrogazione n. 5-03428 del 15 settembre 2004).

Viceversa, un soggetto che, titolare di partecipazioni di controllo in una società, esercita effettivamente tale controllo partecipando direttamente o indirettamente alla gestione, deve essere considerato partecipe dell’attività economica svolta dall’impresa controllata (Corte di Giustizia, C-222/2004, richiamata, tra l’altro, dalla circolare 32/E dell’8 luglio 2011 anche se con riferimento ai criteri per stabilire quando una holding sia o meno una “costruzione puramente artificiosa”). La concreta verifica, in contraddittorio con l’ufficio, può essere difficoltosa

La mancata connessione: la beffa minusvalenza. Un secondo caso si ha quando l’Agenzia neghi la connessione di una partecipazione con il ramo d’azienda trasferito e quindi non ritiene applicabile il principio di diritto 10 e la partecipazione sia minusvalente. Al danno si aggiungerà la beffa perché non sarà possibile computare la minusvalenza della partecipazione a riduzione della plusvalenza “unitaria” sull’azienda (si veda la risposta 45 del 2022)

Holding statica: sì alla partecipation exemption. Un terzo caso è, invece quello in cui una holding statica (la cui attività consista nella mera detenzione di partecipazioni “senza impresa”) trasferisca la sede all’estero oppure sia fusa o scissa in una società estera. Non deve esserci dubbio, in questo caso, che si applichi la participation exemption in presenza degli altri presupposti di legge. In questo senso si esprime peraltro Assonime, con la circolare n. 24 del 2021. Come osserva l'Assonime (circolare 24 del 2021, pagina 25), la cessione di partecipazioni immobilizzate da parte di una holding statica italiana, anche in sede di liquidazione è disciplinata dalle norme sulla participation exemption. Negare il regime in occasione di eventi suscettibili di generare l'exit tax comporterebbe un ostacolo ingiustificato alla libertà di stabilimento

Il legame economico: cosa succede se non scatta l’exit tax. Caso simile è quello in cui, pur essendo stata mantenuta una stabile organizzazione in Italia, le partecipazioni non abbiano mantenuto una sufficiente connessione economica con la stessa, pur essendo rimaste registrate nei libri della stabile organizzazione. L’Agenzia, potrebbe ritenere che siano soggette ad exit tax, ma in questa ipotesi, per i motivi visti sopra, dovrà spettare la participation exemption in presenza degli altri

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