Controlli e liti

Verifica Gdf su un cliente: presenza del titolare di studio non necessaria

La Cassazione precisa le garanzie per gli accessi fiscali

di Laura Ambrosi

La presenza del titolare dello studio professionale o di un suo delegato è necessaria solo se il controllo fiscale riguardi proprio il professionista e non anche quando i verificatori si recano nello studio per l'acquisizione della documentazione contabile e fiscale di un suo cliente sottoposto a ispezione. A precisarlo è la Corte di Cassazione con la ordinanza 9515 depositata il 6 aprile.

La GdF effettuava un accesso nei confronti di un imprenditore. Poiché la documentazione fiscale era detenuta nello studio del commercialista, i verificatori si recavano presso lo studio. Il professionista era assente e quindi i finanzieri acquisivano registri e documenti mediante una sua collaboratrice. Dal successivo controllo emergevano alcune irregolarità che portavano alla contestazione di maggiori ricavi.

La Ctr rilevava, tra l'altro, l'illegittimità dell'accesso svolto presso lo studio professionale per l'acquisizione dei documenti senza la presenza del commercialista in violazione della norma che impone la presenza del titolare dello studio.

Nel ricorso per Cassazione l'agenzia delle Entrate censurava la decisione di secondo grado perché, tra l'altro, aveva considerato illegittimo l'accesso della Guardia di Finanza presso lo studio in quanto i documenti erano stati messi a disposizione da una collaboratrice del commercialista, in sua assenza. Al riguardo si ricorda che gli articoli 52, primo comma, del Dpr 633/1972 e 33 del Dpr 600/1973 prevedono espressamente che l’accesso nei locali destinati all’esercizio di arti e professioni debba essere eseguito in presenza del titolare dello studio o di un suo delegato. La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso evidenziando che la necessità della presenza del professionista riguarda i casi in cui l'attività ispettiva sia svolta nei suoi confronti e non per la acquisizione dei documenti di un altro contribuente detenuti presso il suo studio.

Ciò in quanto il professionista è custode di documenti, notizie ed informazioni confidenziali relative alla sfera personale dei suoi assistiti e rispetto alle quali si impongono esigenze di riservatezza che, ricorrendone i presupposti normativi, possono assumere anche la rilevanza del segreto professionale.

Viene così tutelata la sfera di riservatezza dei clienti del professionista quando quest'ultimo sia direttamente oggetto delle indagini tributarie, rispetto alle quali i suoi assistiti siano meramente terzi. Nella specie invece il commercialista non era personalmente oggetto dalla verifica fiscale e l'accesso della Guardia di Finanza presso il suo studio era finalizzato soltanto all'acquisizione della documentazione contabile del proprio cliente, sottoposto a controllo fiscale, della quale egli era depositario. Da qui l'accoglimento del ricorso .

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