Controlli e liti

Su ricerca e sviluppo condono irrituale dai contorni incerti

Non è scontato neppure l’effetto tombale della procedura

di Edoardo Belli Contarini

Credito di imposta R&S: il provvedimento del direttore dell'Agenzia del 1° giugno 2022 chiude il cerchio sulla «procedura di riversamento spontaneo» dei crediti di imposta R&S prevista dall'articolo 5, commi 7-12 del Dl 146/2021 (si veda anche «Il Sole 24 Ore» del 3 e 4 giugno). In tal modo, le imprese possono regolarizzare le indebite compensazioni dei crediti di imposta di cui all’articolo 3 del Dl 145/2013 maturati negli anni 2015-2019.

Tale regime, rispetto alla legge 160/2019 - con rinvio esplicito ai Manuali Ocse di Frascati e di Oslo - ha ingenerato incertezze interpretative; adesso, i contribuenti possono restituire il contributo per le attività realmente svolte, ma «in tutto o in parte non qualificabili come attività di ricerca o sviluppo ammissibili nell'accezione rilevante ai fini del credito d'imposta», con l'abbuono delle sanzioni e degli interessi.

Tuttavia, il provvedimento di attuazione e la norma primaria sono lacunosi in ordine al perimetro del “condono”; infatti, al di là del nomen, si tratta di un provvedimento di clemenza ex articolo 79 della Costituzione, riconducibile - secondo la tassonomia della dottrina - tra i «condoni in senso proprio o tradizionali», che, diversamente da quelli «impropri», contempla l'abbandono delle sanzioni, ferma restando l'obbligazione tributaria, tant'è che risulta dovuto l'«importo della regolarizzazione», senza possibilità di alcuna ripetizione (né di scomputo degli accessori già versati).

Ciò nondimeno, il riversamento spontaneo è un condono sui generis; per un verso, comporta la disapplicazione delle sanzioni, è giustificato da motivi eccezionali, cioè dalla “riforma” in materia di crediti di imposta R&S, ed è volto a definire i rapporti non esauriti, per ripartire ex novo con la nuova disciplina. Per altro verso, però, la procedura, nella prospettiva “condonistica” di chiudere una volta per tutte le pendenze fiscali, difetta di alcuni connotati, poiché non risulta appealing e non supera il “vaglio di legittimità”, anche se per la Corte costituzionale è sufficiente il carattere volontario della sanatoria.

In effetti, il condono risulta ambiguo: se è incerto “a regime” il benchmark di riferimento - i.e., l'applicabilità dei Manuali Ocse - tanto più indefinito risulta nel silentio legis l'ambito di applicazione della sanatoria, mentre per effetto dell'articolo 23 della Costituzione dovrebbero stabilirsi ex lege criteri di definizione obiettivi e precisi. E soprattutto, di riflesso, parimenti incerto e instabile risulterà l'effetto “tombale”, che invece dovrebbe scaturire ex se dalla procedura.

Inoltre, nell'ambito dei «condoni in senso proprio», vanno salvaguardati anche i principi di solidarietà economica, ragionevolezza e di parità di trattamento (articoli 2 e 3 della Costituzione). Ciò vale tanto più se si considera che il “riversamento spontaneo” (come la pace fiscale) rappresenta un disincentivo per la compliance e penalizza chi adempie regolarmente agli obblighi fiscali, rispetto a chi beneficia del condono.

Anche qui la regolarizzazione appare irrazionale; vengono trattate allo stesso modo sia l'impresa che si è “finanziata” con l'indebita compensazione, rimessa in termini per la restituzione, con rateazione nel pagamento fino al 16 dicembre 2024, sia l'impresa che in buona fede è incorsa in un'errata qualificazione dell'attività di ricerca e sviluppo. Peraltro, la violazione in cui sarebbe incorso il contribuente, considerata l'incertezza normativa, è tutta da dimostrare; mentre il condono tradizionale presuppone sempre una violazione commessa dal contribuente, al quale vengono abbonate le sanzioni.

Risulta poi ambiguo un altro aspetto; infatti, neppure il provvedimento di attuazione ha specificato che tipo di atto erariale – avviso di “recupero”, di accertamento oppure di liquidazione - e quali conseguenti termini di decadenza siano a disposizione dell'Agenzia per validare il condono cui abbia aderito l'impresa, lasciando quest'ultima in balia degli eventi per cinque/otto anni, decorrenti dal versamento dell'ultima rata.

Infine, il condono tradizionale deve risultare appealing, condizionato ad un ammontare dovuto (certo e soprattutto) inferiore rispetto al debito “a regime” e, inoltre, non deve rivelarsi un boomerang per il presunto trasgressore; ma anche in tale prospettiva il “riversamento spontaneo” risulta inadeguato e poco conveniente.

Ad esempio, non è chiaro cosa accada se il contribuente regolarizza soltanto una o due annualità e non già tutti e cinque i periodi di imposta; come pure la disapplicazione delle sanzioni, sia amministrative che penali, rappresenta un risultato “già acquisito” anche in virtù delle riforme degli anni 1997 e 2015. Tanto vale affrontare l'incertezza – analoga, ma eventuale – della lite dinanzi alla commissione tributaria, spuntando la definitiva acquisizione del credito di imposta.

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