Controlli e liti

La sentenza tra contribuente e riscossione ha effetti sull’ente impositore

L’ordinanza 14566 della Cassazione: giudicato valido anche per le Entrate, a prescindere dalla partecipazione

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di Emanuele Mugnaini

La sentenza del giudice tributario produce effetti anche sull’agenzia delle Entrate, indipendentemente dalla sua materiale partecipazione al processo.
Così si è espressa la Corte di Cassazione con l'ordinanza 14566/2021.

Il caso

Un contribuente impugnava una cartella esattoriale invocandone la nullità per omessa rituale notificazione dell’avviso di accertamento (atto presupposto) innanzi a due diverse commissioni tributarie provinciali.

Nelle more del secondo ricorso, il primo, al quale aveva preso parte solo l’agente della riscossione, vedeva accolte le ragioni del contribuente. La pronuncia, non impugnata, passava in giudicato, divenendo così definitiva. Sulla scorta di tale motivo, le commissioni provinciale e regionale, investite del secondo ricorso, annullavano, a loro volta, gli atti impugnati invocando il ne bis in idem poiché il giudizio aveva ad oggetto gli stessi atti e le medesime parti della pronuncia passata in giudicato.

L’Amministrazione finanziaria proponeva ricorso per Cassazione lamentando che, non essendo stata parte nel primo giudizio, la pronuncia non potesse avere efficacia nei suoi confronti. La Suprema Corte, nel respingere il ricorso erariale, ha sancito che il giudicato formatosi tra il contribuente e l’agente della riscossione ha effetti anche nei confronti dell’ente impositore.

Chiamata in causa ed effetto espansivo del giudicato esterno

I giudici di legittimità hanno infatti rilevato come, ai sensi dell’articolo 39 Dlgs 112/119, il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato, rispondendo, in mancanza, delle conseguenze della lite. Chiamata in causa da attuarsi mediante apposita istanza rivolta al giudice, che la riscossione può porre in essere soltanto qualora si costituisca in giudizio entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento del ricorso di cui all’articolo 23 del Dlgs 546/92.

Nel caso di specie la riscossione non vi aveva provveduto, assumendo, pertanto, la veste di sostituto processuale dell’ente impositore. Laddove una sentenza sia divenuta definitiva per mancata impugnazione è inibita al successivo giudice, anche se appartenente a commissione diversa, la possibilità di pronunciarsi nuovamente sulla medesima questione in virtù del principio dell’effetto espansivo del giudicato esterno (articolo 2909 Codice civile). Quest'’ltimo sancisce che la pronuncia contenuta in una sentenza passata in giudicato fa stato tra le parti.

Concetto che, in ambito tributario, è valevole anche per i successivi periodi d’imposta, qualora la vertenza abbia ad oggetto identica fattispecie. Si pensi alle quote di ammortamento o, più in generale, a tutti quei componenti di reddito a ripartizione pluriennale. La Suprema corte ha ricordato, infine, che, in ossequio alla giurisprudenza delle sezioni unite (16412/2007), il contribuente può agire, indifferentemente, nei confronti dell’ente creditore o del concessionario della riscossione senza che ciò determini l’inammissibilità della domanda.

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