Contabilità

Sì a partecipazioni sdoppiate in bilancio

di Giorgio Gavelli

Ai fini dell’applicazione della disciplina fiscale delle plusvalenze e minusvalenze da cessione di partecipazioni, la collocazione in bilancio dei titoli da parte di una holding, ed in particolare la distinzione tra attivo immobilizzato e circolante, non è censurabile se rispetta quanto previsto dai principi contabili. Una stessa partecipazione in società controllata può essere indicata in parte nelle immobilizzazioni ed in parte (la quota non “strategica” detenuta ai fini di una proficua negoziazione sul mercato) nell’attivo circolante. È quindi illegittimo l’avviso di accertamento con cui l’ufficio riconsidera – ai fini dell’applicazione delle regole della participation exemption (pex) di cui all’articolo 87 e 101 Tuir – l’intero “pacchetto” come immobilizzato, “rideterminando” (anche per effetto dei riflessi sul costo di acquisto) una minusvalenza indeducibile. È questo il principio che si ritrae dalla decisione 190/05/2018 della Ctp di Brescia (presidente Macca, relatore Serena).

L’articolo 87 del Tuir stabilisce che non concorrono alla formazione del reddito d’impresa, per il 95% del loro ammontare, le plusvalenze realizzate su partecipazioni dotate dei quattro requisiti richiesti dalla medesima disposizione, tra cui (lettera b) la «classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso». Laddove i plusvalori godrebbero di questo trattamento, i minusvalori risultano indeducibili. L’articolo 2424-bis, comma 2 del Codice civile prevede che le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal terzo comma dell’articolo 2359 si presumono immobilizzazioni. Tuttavia, il principio contabile Oic20 prevede una distinzione di tipo “funzionale”, strettamente connessa con le decisioni (sostenibili) dell’organo amministrativo circa la destinazione del titolo nell’ambito della strategia d’impresa.

Nel caso trattato dalla Ctp di Brescia, una holding, che già deteneva oltre il 50% di una società quotata, aveva negli anni acquistato ulteriori azioni, che aveva contabilizzato nell’attivo circolante in quanto investimento temporaneo della liquidità, disponibile per la cessione in caso di incremento delle quotazioni. La successiva cessione integrale aveva determinato una plusvalenza (imponibile al 5%) per i titoli immobilizzati ed una minusvalenza (integralmente deducibile) per quelli non immobilizzati; conclusione contestata dai verificatori, secondo cui, laddove i titoli fossero stati integralmente considerati come immobilizzati, la determinazione unitaria del costo medio avrebbe prodotto una minusvalenza integralmente indeducibile. La Ctp bresciana considera corretto il comportamento contabile (e, di conseguenza, quello fiscale) della società, sulla base dei principi contabili (viene anche richiamata la relazione della società di revisione) e delle prove fornite circa le intenzioni degli amministratori all’atto della prima iscrizione delle azioni eccedenti la quota di controllo. La Ctp ha anche ritenuto che, non avendo l’ufficio richiamato nell’avviso di accertamento le osservazioni contenute nelle memorie al Pvc presentate dalla società ai sensi dello Statuto del contribuente (articolo 12, comma 7, della legge 212/2000), esso sia venuto meno al fondamentale principio del contraddittorio, determinando, anche per questo motivo, la nullità dell’atto impugnato.

Ctp di Brescia, sentenza 190/05/2018

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