Controlli e liti

Dl fisco-lavoro, alberghi gestori d’imposta prima del 19 maggio 2020

Dopo le modifiche in conversione al Dl 146, la depenalizzazione dovrebbe avere una efficacia retroattiva

di Luigi Lovecchio

La “trasformazione” dei gestori delle strutture ricettive in responsabili d’imposta, ai fini dell’imposta di soggiorno, si applica anche per i fatti commessi prima del 19 maggio 2020, data di entrata in vigore dell’articolo 180, Dl 34/20.

La norma, qualificata come interpretazione autentica, è contenuta nell’articolo 5 quinquies del Dl 146/21, dopo le modifiche apportate dalla legge di conversione.

In questo modo, la depenalizzazione determinata dalla novella del 2020 dovrebbe avere una efficacia retroattiva.

Con la riforma introdotta ad opera del suddetto articolo 180 del Dl 34/20, i gestori delle strutture ricettive sono stati considerati come responsabili d’imposta con diritto di rivalsa dell’imposta di soggiorno nei confronti del turista. Conseguentemente, gli stessi sono obbligati in proprio al versamento del tributo anche nelle ipotesi in cui il soggetto che ha alloggiato non abbia corrisposto loro l’ammontare corrispondente. Per tale motivo, in caso di omesso versamento del tributo, il comune può rivolgersi anche solo al gestore, pretendendo il pagamento dell’imposta e della sanzione del 30%, ex articolo 13, Dlgs 471/97.

In precedenza, il gestore era del tutto estraneo al rapporto d’imposta, che si instaurava esclusivamente tra il comune e il turista. Egli doveva pertanto essere trattato come un ausiliario nella geImposta di soggiornostione del tributo. Per questo motivo, secondo l’opinione unanime della giurisdizione contabile, l’esercente era da considerarsi a tutti gli effetti “agente contabile”.

Inoltre, in caso di ritardato o omesso riversamento dell’imposta all’ente locale, il gestore medesimo era passibile di denuncia per peculato, in quanto incaricato di pubblico servizio (Cassazione penale 32058/18).

Con la sentenza 30227/20 (confermata con la pronuncia 36317/2020), la Cassazione, sezione penale, nel prendere in esame le modifiche di legge del 2020, ha escluso la configurazione del reato di peculato, a decorrere, però, dall’entrata in vigore delle stesse.

Ciò, in quanto oggi il gestore è debitore in proprio nei confronti dell’ente impositore, e non di somme appartenenti a quest’ultimo.

Nel contempo, la Suprema Corte ha affermato che la depenalizzazione non opera retroattivamente, poiché si è modificata radicalmente la struttura della fattispecie di illecito. La modifica introdotta dovrebbe pertanto servire a superare tale orientamento di legittimità.

Con riferimento invece alla qualifica di agente contabile, talune sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti (Sicilia e Toscana) hanno ritenuto che nulla sarebbe cambiato sotto il profilo della responsabilità erariale del gestore.

Il ministero delle Finanze, nelle risposte date a Telefisco 2021, si è allineato all’interpretazione della Corte dei Conti che tuttavia non pare coerente con le statuizioni della Cassazione penale. Risulta difficile configurare il maneggio di denaro pubblico una volta che si è accertato che le somme dovute dall’esercente appartengono al suo patrimonio e non a quello del comune. Questa peraltro è proprio la premessa di fatto per applicare la predetta sanzione tributaria del 30%.

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