Adempimenti

Seconda chance per la nota di variazione errata a inizio procedura concorsuale

Per le procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 si può emettere la nota di variazione a fronte dei crediti non riscossi sia a inizio della procedura concorsuale che dopo l'insinuazione al passivo

di Rosario Farina

Dal 26 maggio 2021 il decreto Sostegni bis, modificando l’articolo 26 del Dpr 633/1972, ha previsto che le note di accredito a seguito di procedure concorsuali possano essere emesse già a partire dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento, del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Con questa disposizione, quindi, viene finalmente anticipato il termine da cui il creditore non soddisfatto può recuperare l’Iva versata indebitamente allo Stato. In particolare, per le procedure concorsuali viene ripristina la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione da mancato pagamento - emettendo nota di credito Iva – già a partire dalla data in cui il cedente o il prestatore è assoggettato a una procedura concorsuale, invece di dover attendere l'infruttuoso esperimento della stessa.

Chiaramente i crediti pregressi, collegati alle procedure concorsuali già in corso a tale data, restano vincolati alla precedente normativa e per individuare il momento dell'infruttuosità della procedura stessa (a partire dal quale può essere emessa la nota di accredito per recuperare l'Iva) valgono le indicazioni fornite dalla prassi consolidata. Per la procedura fallimentare, per esempio, occorre fare riferimento alla scadenza del termine per le osservazioni al piano di riparto, oppure, ove non vi fosse stato, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso (circolari 77/E/2000 e 8/E/2017).

Il caso trattato dall’agenzia delle Entrate

Con la risposta 485/2022 l’agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in relazione a un caso specifico in cui l’istante ha applicato la nuova possibilità offerta dall’articolo 26 di emettere nota di variazione all’apertura della procedura concorsuale (avvenuta a giugno 2021) ma il curatore fallimentare ha rifiutato il documento motivando tale rifiuto con la mancata insinuazione al passivo fallimentare, in contrasto con la nuova impostazione normativa ai fini Iva in vigore dal 26 maggio 2021 (si veda il precedente articolo «Detrazione Iva, la nota di variazione errata si può riemettere a fine procedura concorsuale»).

L’istante ha proceduto ugualmente all’emissione della nota di variazione in data 11 aprile 2022, pertanto entro il termine ultimo del 30 aprile 2022, cioè il termine di presentazione della dichiarazione Iva 2022 relativa al 2021 e ha chiesto all’agenzia delle Entrate di poter procedere alla detrazione Iva anche in caso di mancata accettazione da parte del curatore fallimentare, facendo valere il suo diritto nell’ambito della dichiarazione Iva 2023 da presentare entro il 2 maggio 2023.

L’agenzia delle Entrate conferma nella risposta all’interpello che il curatore o commissario che riceve la nota di variazione non è tenuto ad annotare la corrispondente variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 o all’articolo 24 del Dpr 633/1972. Ciò implica che, in tal caso, la procedura non è tenuta al versamento dell’imposta, che resta a carico dell’Erario (cfr. circolare 12/E/2016, paragrafo 13.1.).

Ne consegue che, in linea generale, è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell’Iva oggetto di tempestiva variazione, direttamente in sede di dichiarazione annuale relativa all’anno in cui la stessa nota è stata emessa, indipendentemente dalla mancata insinuazione al passivo del credito e anche in assenza dell’accettazione del curatore, posto che la normativa Iva richiamata non pone a carico di quest’ultimo alcun adempimento fiscale, esentandolo dall’obbligo di registrazione della nota di variazione ricevuta e di versamento della relativa imposta.

Inoltre, con riferimento al caso specifico, l’amministrazione finanziaria chiarisce un punto assai importante relativo alla nota di variazione nel caso sia relativa alla sola Iva e non anche all’imponibile. In particolare, viene ribadito il principio secondo cui il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali deve essere, comunque, riferito all’operazione originaria nel suo complesso e, pertanto, non è possibile emettere nota di variazione per il recupero della sola imposta (cfr. risoluzione 127/2008 - e, più di recente, con la risposta a interpello 801/2021).

Infatti, una nota di variazione che tenga conto della sola imposta non riscossa andrebbe a scindere l’indissolubile collegamento esistente tra imposta e operazione imponibile.

L’agenzia delle Entrate conclude la sua analisi fornendo al contribuente istante una soluzione praticabile per il caso specifico: la nota di variazione errata, emessa all’inizio della procedura concorsuale, può considerarsi come non emessa e legittimare il creditore a riemettere correttamente la nota di variazione al termine della procedura concorsuale rimasta infruttuosa, maturando così il diritto alla detrazione dell’Iva mai percepita. In pratica, anche se risulta spirato il termine entro cui la stessa avrebbe potuto essere riemessa correttamente e il conseguente diritto di esercitare la detrazione della relativa imposta, l’Agenzia collega l’emissione di una nuova nota di variazione non più all’avvio della procedura concorsuale, così come disposto dal comma 3-bis dell’articolo 26 del decreto Iva, ma alle ipotesi individuate dal comma 2 del medesimo articolo, che elenca ragioni ulteriori per le quali un’operazione fatturata può venire meno in tutto o in parte o essere ridotta nel suo ammontare imponibile.

Ne consegue che, per coloro che decidano di attendere l’esito della procedura - non avvalendosi della facoltà di emettere la nota di variazione alla sua apertura – la definitività del piano di riparto infruttuoso, che attesta il definitivo mancato pagamento del corrispettivo, può costituire un autonomo presupposto per operare la variazione in diminuzione ex comma 2 dell’articolo 26.

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