Imposte

Iva, non rileva la cessione d’azienda con beni in Italia

La risposta 91/E chiarisce il caso della cessione effettuata tra due diversi Stati Ue nel caso in cui nell’operazione sono ricompresi beni situati in Italia

Il trasferimento di ramo d’azienda tra soggetti esteri con stock di beni in Italia non ha rilevanza ai fini Iva nel nostro territorio. La risposta 91/E rappresenta un chiarimento importante sul tema della cessione di azienda o di ramo d’azienda effettuata tra due diversi Stati Ue nel caso in cui nell’operazione sono ricompresi beni situati in Italia.

Secondo le Entrate, infatti, il regime di esclusione dal campo di applicazione dell’Iva – previsto dalla Direttiva 2006/112/CE all’articolo 19, paragrafo 1 e recepito all’articolo 2, comma 3, lettera b) o lettera f), Dpr 633/1972 – si applica a maggior ragione a una fattispecie, estranea al nostro ordinamento, caratterizzata dal passaggio di un ramo d’azienda tra due soggetti Ue cui i beni localizzati in Italia sono funzionalmente connessi.

Trattandosi, più propriamente, di un'“assegnazione” di beni nell’ambito di una scissione, l’amministrazione raccomanda di conservare almeno una traduzione giurata in italiano dell’atto di scissione da esibire, all’occorrenza, al Fisco italiano. Inoltre, trattandosi di un atto stipulato all’estero, affinché lo stesso possa essere utilizzato anche in Italia, occorre che ivi sia redatto da un notaio il verbale di deposito dell’atto di scissione formato all’estero, soggetto a imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.

A una prima impressione potrebbe sembrare che la posizione dell’amministrazione ritratti l’orientamento espresso con le precedenti risposte ad interpello 536/E e 637/E del 2021. In tali occasioni, era stato affermato che, nell’ambito di cessione di azienda realizzata in territorio extraUe, la cessione del marchio registrato in Italia (in un caso) o del mero magazzino presente in Italia (nell’altro caso), quale unico asset del cedente extraUe ivi esistente, costituisce autonoma cessione di beni. Il contrasto interpretativo, tuttavia, sembrerebbe superabile in quanto tra i casi esaminati nel 2021 e quello di ieri vi sarebbe un discrimine dettato dal luogo in cui sono stabiliti cedente e cessionario, ovvero se in Paese Ue o extraUe. Infatti, la semplificazione prevista dall’articolo 19 della Direttiva riguarderebbe solo i Paesi Ue, o meglio solo quelli che hanno scelto di considerare come «non avvenuta alcuna cessione» in caso di «trasferimento a titolo oneroso o gratuito di universalità totale o parziale di beni». In tutti gli altri casi, quindi, compresi i trasferimenti di complessi aziendali situati in territorio extraUe, che coinvolgono beni esistenti in Italia (o altro Paese Ue) dovrebbe verificarsi il luogo in cui effettivamente rileva l’operazione ai fini Iva. Sulla distinzione territoriale, però, è, secondo chi scrive, necessaria qualche ulteriore riflessione.

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