Imposte

Credito d’imposta per ricerca e sviluppo nella transizione ecologica

Il bonus fiscale in misura decrescente previsto fino al 2025. Le spese sono deducibili ai fini Irpef, Ires e Irap e sono la base di calcolo del 15%

di Edoardo Belli Contarini

L’ambiente torna centrale a seguito dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che ha apportato modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione, per effetto delle quali tra i principi fondamentali della Repubblica viene inserita «la tutela dell'ambiente, anche nell'interesse delle future generazioni» e inoltre si stabilisce che l'iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da arrecare danno (anche) all'ambiente.

In tale prospettiva, risulta interessante, ma poco sfruttato, l'incentivo fiscale volto a ridurre l'impatto ambientale dei prodotti e dei processi aziendali ovvero il credito di imposta per l'innovazione tecnologica nell'ambito della transizione ecologica, già fruibile da tutte le imprese, sia pure in misura decrescente, dal 2020 fino al 2025 (articolo 1, commi 199 e seguenti della legge 160/2019, e successive proroghe ex articolo 1, comma 45 della legge 234/2021).

In effetti, mentre è noto e diffuso il set di agevolazioni per “impresa 4.0”, non può dirsi altrettanto per il credito di imposta che stimola gli investimenti finalizzati «al raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica ovvero i progetti relativi alla trasformazione dei processi aziendali secondo i principi dell'economia circolare, come declinati dalla comunicazione della Commissione europea 98 dell'11 marzo 2020» (si veda l’articolo 5, comma 2 del decreto dello Sviluppo economico del 26 maggio 2020, di attuazione della legge 160/2019).

Tale agevolazione sostiene con la leva finanziaria in modo trasversale tutte le imprese che effettuano investimenti innovativi preordinati a ridurre i consumi di risorse, riutilizzare, riciclare e riparare i prodotti, con priorità per quelli ad elevato impatto ambientale, come le apparecchiature elettroniche, Itc, batterie, veicoli, imballaggi, plastica, prodotti tessili, acciaio, cemento e sostanze chimiche (si veda la comunicazione della Commissione europea 11 marzo 2020, n. 98).

Il contributo pubblico, sotto forma di credito di imposta utilizzabile in compensazione nel modello unificato di pagamento F24, ricompensa il rischio di insuccesso dell'investitore inciso dai costi sostenuti per la transizione ecologica, risultando appealing per diverse ragioni.

Anzitutto, le spese eleggibili al credito di imposta “giocano” due volte, atteso che sono deducibili dal reddito imponibile ai fini Ires, Irpef e Irap e, allo stesso tempo, rappresentano la base di calcolo, sulla quale applicare l'aliquota maggiorata del 15% contemplata per l'economia circolare.

Come avviene per tutti i contributi pubblici, il credito verso l'erario va imputato a conto economico, nella voce A5 tra gli “altri ricavi e proventi”, con incremento del “margine operativo” e quindi dell'utile civilistico, ma non concorre al reddito di impresa imponibile ai fini Ires, Irpef e Irap.

Inoltre, il beneficio può essere cumulato con altre agevolazioni, anche se concernenti gli stessi oneri, nell'importo massimo del costo complessivo degli investimenti e l'utilizzo in compensazione non soffre dei limiti prescritti per gli altri crediti di imposta; l'unica limitazione riguarda la diluizione temporale: trattandosi di “moneta fiscale”, per ragioni di cassa, il credito deve essere “speso” a rate, per quote di pari ammontare nei tre anni successivi alla maturazione.

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