Controlli e liti

Sponsorizzazioni a favore di Asd inerenti e congrue entro i 200mila euro

Per la Cassazione le spese sono sempre deducibili anche se il contribuente svolge la propria attività per conto terzi

di Andrea Taglioni

Per le spese erogate a favore di società e associazioni sportive dilettantistiche sussiste una duplice presunzione legale tale da annoverarle tra quelle di pubblicità e di ritenerle senz’altro inerenti e congrue nei limiti dei 200mila euro fissati dalla normativa. Ricordiamo che l’articolo 90, comma 8, della legge 289/2002, stabilisce una presunzione di legge a favore di coloro che sostengono costi o spese di sponsorizzazione. Quindi, le somme erogate nei confronti di associazioni sportive dilettantistiche ed enti similari - purché effettive ed esistenti - sono sempre deducibili in quanto è prevista una presunzione legale assoluta circa la loro natura pubblicitaria, non consentendo all’amministrazione nessun sindacato sulla inerenza e la congruità.

Questo, però, a condizione che il soggetto sponsorizzato sia un ente sportivo dilettantistico, che venga rispettato il limite quantitativo di spesa, che la sponsorizzazione è finalizzata a promuovere l’immagine e i prodotti dello sponsor e che infine, il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale. Nonostante la fattispecie in questione sia sorretta da una presunzione legale assoluta appare oggi superato, quanto meno a livello giurisprudenziale, quell’orientamento che ancorava la deducibilità dei costi di sponsorizzazione ad una valutazione in termini di inerenza e congruità del costo.

Sull’argomento è intervenuta di nuovo la Cassazione (ordinanza 21452/2021) riaffermando che le spese di sponsorizzazione erogate a favore di associazioni sportive dilettantistiche ed enti similari sono sempre deducibili anche se il contribuente svolge la propria attività per conto terzi e, quindi, indipendentemente dal fatto che il messaggio pubblicitario trovi riscontro con i potenziali destinatari e che, ai fini dell’inerenza delle spesa, da qualificarsi come di pubblicità, non occorre un legame territoriale tra l’offerta pubblicitaria e l’area geografica in cui l’impresa svolge la propria attività.

Ancorché i termini utilizzati ai fini della qualificazione della spesa (sia essa una spesa di sponsorizazione e/o di pubblicità) possano essere anche differenti, ciò che resta immutato e pacifico è il fatto che le spese di sponsorizzazione sono sempre e comunque spese rientranti nell’alveo dell’ampia nozione di pubblicità.

Bisogna anche segnalare, però, che vi sono pronunce che si sono discostate da tale orientamento subordinando il regime di favore previsto dall’articolo 90, comma 8, della legge 289/2002, all’iscrizione nell’apposto registro del Coni, presupposto, quest’ultimo, necessario a comprovare l’effettiva natura dell’ente (ordinanza 7202/2017).

Nonostante il consolidato orientamento giurisprudenziale non è infrequente, tutt’oggi, l’emissione di avvisi di accertamento con cui l’amministrazione finanziaria continui a contestare la non inerenza dei costi sostenuti unitamente all’antieconomicità degli stessi rispetto all’ammontare dei ricavi.

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