Registro fisso sulla cessione di quote post conferimento del ramo d’azienda
La Ctr Lazio: non si può applicare il prelievo come fosse una cessione di società
In base all’articolo 20 del Dpr 131/1986, l’imposta di registro deve essere applicata avendo riguardo al solo atto da registrare e agli elementi da esso desumibili, senza considerare elementi e circostanze estranee allo specifico atto oggetto di registrazione. Pertanto, la cessione di quote sociali, preceduta dal conferimento del ramo di azienda sconta l’imposta in misura fissa, in quanto non può essere assoggettata a tassazione alla stregua di una cessione di una azienda unitaria.
È questo, in sostanza, quanto hanno affermato i giudici della Ctr del Lazio con la sentenza 2092/10/2021 (presidente Musilli, relatore Polito).
Nel caso in esame, una società aveva impugnato la sentenza con la quale i giudici di primo grado avevano respinto il ricorso contro un avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativa alla cessione di una quota di partecipazioni. Per la società l’atto avrebbe dovuto essere assoggettato a imposta in misura fissa, in quanto l’imposta dovrebbe essere applicata avendo riguardo al solo atto da registrare, senza prendere in considerazione gli interessi delle parti nei casi in cui possono condurre a fattispecie contrattuali distinte.
Secondo l’ufficio, invece, l’atto avrebbe dovuto scontare l’imposta in misura proporzionale, in quanto la sua intrinseca natura e gli effetti giuridici, a di là della forma apparente, sarebbero stati quelli della cessione di azienda. I giudici hanno accolto il ricorso in appello, ricordando in primis che l’articolo 20 è stato modificato dall’articolo 1, comma 87, lettera A) della legge 205 del 2017 (la legge di bilancio per il 2018). In particolare, con questa modifica si è disposto che l’imposta di registro debba essere applicata avendo riguardo al solo atto da registrare e quindi «sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati».
Il legislatore ha successivamente riconosciuto la valenza retroattiva della nuova formulazione dell’articolo 20, con l’articolo 1, comma 1084, della legge 145/2018. Nella sentenza è stato inoltre ricordato che il nuovo testo della norma esplicita quanto già sostenuto con riguardo alla precedente formulazione dell’articolo 20 dalla dottrina e da parte della giurisprudenza secondo cui la disposizione, nello stabilire che l’imposta di registro deve essere applicata sulla base degli effetti giuridici riconducibili allo schema negoziale adottato dalle parti ed emergente dall’atto, non consente il ricorso ad elementi extratestuali e ad atti collegati (salvo specifiche disposizioni legislative), dovendo l’interpretazione essere limitata al contenuto complessivo dell’atto stesso.
In definitiva, dalla richiamata disciplina emergerebbe chiaramente, secondo i giudici, l’errata interpretazione che l’ufficio ha fornito dell’articolo 20 nella fattispecie in esame, anche tenendo conto dei principi evidenziati recentemente dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 158/2020, che ha ritenuto non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla V sezione della Corte di cassazione in relazione al medesimo articolo.