Controlli e liti

Interposizioni e vantaggi fiscali: evasione solo per operazioni fittizie

Le vicende reali non possono essere equiparate a quelle simulatorie/dissimulatorie. Se il soggetto che si frappone è l’effettivo contraente ci può essere solo elusione

di Marco Cramarossa e Dario Deotto

L’interposizione fittizia va perseguita mediante l’applicazione dell’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973, una disposizione impegnata a contrastare i fenomeni di evasione. L’interposizione reale, invece, rientra nell’alveo delle operazioni elusive, quando la condotta negoziale si concretizza in un vantaggio fiscale indebito.

Sono queste le conclusioni del Principio di interpretazione n. 5 del Modulo Accertamento e riscossione del Sole 24 Ore.

Il perno del vantaggio fiscale

Il documento parte da quella che dovrebbe essere una certezza: nell’abuso del diritto non c’è alcuna manipolazione della realtà; vi è perfetta coincidenza tra ciò che le parti dichiarano di volere e ciò che realmente vogliono. Pertanto, le operazioni realizzate sono perfettamente valide sia tra le parti che per i terzi. Nell’abuso del diritto tributario, a risultare indebito è solo il vantaggio fiscale conseguito.

Nelle vicende simulatorie/dissimulatorie, invece, contrariamente all’abuso del diritto, si è in presenza di un’alterazione, di un’asimmetria tra la situazione formale e quella reale: in pratica, di fenomeni di finzione che, in quanto tali, vanno chiaramente inquadrati nell’evasione tributaria (e non nell’elusione/abuso del diritto).

Tra le ipotesi simulatorie rientrano senz’altro anche quelle di interposizione fittizia, per le quali, in relazione all’imposizione diretta, vi è una specifica disposizione – l’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973 – che, per assodata univocità giurisprudenziale, è applicabile alle vicende simulatorie in genere. L’articolo 37, comma 3, dispone che «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona».

Il fatto è che la Cassazione continua a comprendere nella previsione dell’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973 anche l’interposizione reale. E lo stesso orientamento è stato seguito dalle Entrate, ad esempio nelle risposte a interpello n. 89/2020 e n. 274/2022.

Occorre però rilevare che nell’interposizione reale gli effetti realizzati sono quelli resi palesi: una realtà assolutamente vera e voluta dal contribuente, che alcune volte (pertanto non sempre) viene strutturata per conseguire vantaggi fiscali indebiti. L’interposizione reale si realizza, difatti, quando l’interposto agisce come effettivo contraente, assumendosi in proprio i diritti derivanti dal contratto e impegnandosi a ritrasferirli all’interponente (o a terzi) con un successivo negozio di trasferimento.

La volontà come discrimine

Nel Principio di interpretazione n. 5 viene messo in luce che il distinguo tra interposizione fittizia e reale è determinato dal concreto atteggiarsi della volontà dei soggetti coinvolti; non occorre avere riguardo, quindi, al numero dei soggetti interessati, come veniva interpretato dalla dottrina civilistica tradizionale (secondo cui il discrimine tra interposizione fittizia e reale sarebbe rappresentato dalla partecipazione o meno del terzo all’accordo).

Così, se l’interposto interviene in maniera del tutto passiva, si avrà un’ipotesi riconducibile all’interposizione fittizia; mentre, se l’interposto assume un’effettiva funzione gestoria nell’operazione, si avrà un fenomeno di interposizione reale (in questo senso anche la circolare 1/2018 della Guardia di Finanza).

La conclusione – evidente, secondo il Principio di interpretazione n. 5 – è che l’interposizione reale non può affatto essere accumunata all’interposizione fittizia, per la quale, come si è detto, vi è una chiara asimmetria tra situazione reale e quella formale, che determina l’inclusione della stessa interposizione fittizia tra i fenomeni di evasione.

L’interposizione reale, al contrario, va inquadrata nell’alveo delle operazioni elusive, quando la condotta negoziale determina un vantaggio fiscale indebito.

Una distinzione che risulta fondamentale anche ai fini dell’eventuale rilievo penale dei diversi negozi giuridici in commento.

Il principio in sintesi

La massima del Principio di interpretazione n. 5 di Modulo 24 Accertamento
e Riscossione

«Nonostante l’orientamento della giurisprudenza di legittimità e della prassi, si ritiene che le vicende simulatorie, caratterizzate dalla manipolazione della realtà, tra le quali certamente rientra l’interposizione fittizia di persona, devono essere necessariamente perseguite con l’applicazione dell’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/73, che risulta una disposizione impegnata a contrastare i fenomeni di evasione. L’interposizione reale potrà al contrario essere attratta esclusivamente nell’alveo delle operazioni elusive, ovvero di quelle fattispecie negoziali e comportamentali che abusano del diritto, ma solo allorquando la condotta negoziale si concretizzi in un vantaggio fiscale indebito».

A cura del Comitato scientifico di Modulo 24 Accertamento e Riscossione: Dario Deotto (direzione scientifica), Massimo Basilavecchia, Alessandro Borgoglio, Andrea Carinci, Marco Cramarossa, Lorenzo Del Federico, Luigi Lovecchio, Lorenzo Pegorin, Gian Paolo Ranocchi.

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