Imposte

Iva sul trasporto internazionale, imponibili i servizi dei sub-vettori

Il Dl 146/21 ha ristretto il campo della non imponibilità. Nuove regole in vigore dal 1° gennaio: sanato il pregresso

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di Giampaolo Giuliani

Il 1° gennaio è venuta meno la possibilità, indicata in più orientamenti di prassi del Fisco italiano, di estendere il regime di non imponibilità Iva nei trasporti internazionali, quando i contratti sono realizzati da più vettori o da terzi subcontraenti, o comunque da soggetti ai quali il trasporto sia sub-commesso dai vettori principali.
È questo, in sintesi, l’effetto dell’articolo 5-septies del Dl 146/21, aggiunto in sede di conversione (legge 215/21), dove si chiarisce che le prestazioni di cui al primo comma, numero 2, dell’articolo 9 del Dpr 633/72 «non comprendono i servizi di trasporto resi a soggetti diversi dall’esportatore, dal titolare del regime di transito, dall’importatore, dal destinatario dei beni o dal prestatore dei servizi di cui al numero 4) del medesimo primo comma».
In sostanza, con questa modifica si tenta di chiudere un potenziale contenzioso, come del resto è già accaduto alcuni anni fa per le prestazioni dei medici o delle attività didattiche.

L’interpretazione corretta
Come nelle precedenti occasioni, la modifica ha origine da una pronuncia della Corte di Giustizia Ue che si è posta in stridente contrasto con la prassi dall’amministrazione finanziaria: un disallineamento che è stato colto da alcuni verificatori per contestare, in sede di accertamento, il mancato adeguamento alla sentenza.In particolare, si tratta della sentenza del 29 giugno 2017 (causa C-288/16), in cui la Corte ha dichiarato che l’articolo 146, paragrafo 1, lettera e, della direttiva 2006/112/Ce va interpretato nel senso che l’esenzione non si applica a una prestazione di servizi relativa a un’operazione di trasporto di beni verso un Paese terzo, laddove tali servizi non siano forniti direttamente al mittente o al destinatario dei beni. Mentre il Fisco italiano ha sempre sostenuto il contrario: per tutte, si veda la risoluzione 412019 del 21 settembre 1977.

Per certi versi appare paradossale che proprio gli uffici periferici dell’amministrazione finanziaria – in ragione di questa sentenza – contestino chi, anche in perfetta buona fede, ha seguito gli orientamenti di prassi che, pur datati, non sono mai stati confutati dalla stessa amministrazione.

Ed è proprio questo il punto. Forse sarebbe più opportuno che ci fosse un preliminare coordinamento tra gli uffici periferici e quelli centrali, in modo da assumere una posizione univoca su tutto il territorio e di cui, ovviamente, dovrebbero essere informati gli operatori. Al riguardo, non è superfluo ricordare come l’articolo 5 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000), stabilisce precisi obblighi di informazione a carico dell’amministrazione.

La via d’uscita per il pregresso
A una maggiore tempestività informativa potrebbe corrispondere, quindi, una minore attività legislativa di urgenza, come quella verificatasi anche in questo caso. Al riguardo, il tentativo di sanare anche i comportamenti pregressi appare evidente nel secondo comma dell’articolo 5-septies del Dl 146/21, dove si afferma che «le disposizioni di cui al presente articolo hanno effetto dal 1° gennaio 2022. Sono fatti salvi i comportamenti adottati anteriormente a tale data in conformità alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 29 giugno 2017, nella causa C-288/16».Per come si esprime la norma, è evidente la volontà del legislatore di disporre solo per il futuro, in ossequio all’articolo 3 dello Statuto del contribuente.

Meno chiara, invece, appare l’ultima parte del comma, dove si fanno salvi i comportamenti antecedenti al 1° gennaio 2022 che riguardano chi dovesse avere già applicato la sentenza della Corte di Giustizia. In altri termini, sembra che si sostenga la correttezza della prassi dell’amministrazione finanziaria fino al 31 dicembre e, parallelamente, si smentisca la posizione dei verificatori quando hanno contestato la non applicazione della sentenza in esame in sede di accertamento.

Evidentemente questo modo di legiferare non attribuisce la corretta valenza alla giurisprudenza unionale, dato che le interpretazioni prodotte dai giudici della Corte di Giustizia prevalgono sempre sul diritto nazionale e comunque costituiscono strumento vincolante nelle interpretazioni delle disposizioni del diritto interno.Tuttavia, in questo modo, in verità non molto ortodosso, si è riusciti a mettere la parola fine a un potenziale contenzioso.

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