Controlli e liti

False fatture, l’assoluzione dell’emittente salva chi le usa

La sentenza 20673/2023 della Cassazione: è necessario salvaguardare il principio di non contraddittorietà ed evitare il contrasto sugli stessi fatti storici

di Laura Ambrosi

Non può essere condannato l’utilizzatore di fatture relative ad operazioni inesistenti, se l’emittente dei documenti è stato assolto con sentenza definitiva perché il fatto non sussiste. È necessario, infatti, salvaguardare il principio di non contraddittorietà ed evitare il contrasto su medesimi fatti storici. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza 20673/2023.

La Corte di appello confermava la pena inflitta al legale rappresentante di una società per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di una fattura per operazioni ritenute inesistenti (articolo 2 del Dlgs 74/2000).

L’imputato ricorreva per Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, che il giudice territoriale aveva solo parzialmente valutato l’esito del parallelo processo penale svolto nei confronti dell’emittente la citata fattura.

In particolare, chi aveva emesso il documento era stato assolto con la formula perché il fatto non sussiste, in quanto in base agli elementi di prova l’operazione sottostante era stata considerata reale in termini sia oggettivi sia soggettivi.

Tale pronuncia era diventata altresì definitiva e l’imputato ne chiedeva l’inserimento nel proprio processo in base all’articolo 238 bis del Codice di procedura penale.

Secondo tale norma le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato e devono essere valutate (a norma degli articoli 187 e 192 comma 3).

La Cassazione ha preliminarmente rilevato che le risultanze di un precedente giudicato penale impongono al giudice che giunga a diverse conclusioni, di giustificare specificamente la conciliabilità del diverso esito, restando comunque esclusa la possibilità di contraddire la verificazione di un medesimo fatto storico.

Nella specie, la corte territoriale aveva assolto l’emittente della fattura oggetto di imputazione in capo all’utilizzatore.

Pur trattandosi di autonomi giudizi sono comunque relativi ad un medesimo fatto storico – ossia l’esistenza delle operazioni sottostanti la fattura oggetto dell’imputazione – e pertanto il giudice del diverso procedimento è tenuto a motivare espressamente circa le ragioni per le quali è pervenuto a diverse conclusioni.

I giudici di legittimità hanno così precisato che a tal fine vanno illustrate specificamente le ragioni della conciliabilità dei due diversi giudizi, in quanto le risultanze di un precedente giudicato penale, che riguardino una pre-condizione, non consentono al giudice di giungere a conclusioni inconciliabili con la sentenza irrevocabile, sui fatti accertati (Cassazione 3607/2020).

In tali ipotesi è necessario salvaguardare il principio di non contraddittorietà del sistema, volto a prevenire il contrasto fra giudicati ed evitare anche di giungere ad accertamenti contrastanti in relazione ai medesimi fatti storici (Cassazione 23226/2018).

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