Controlli e liti

Ricognizione del debito con registro all’1% se l’atto non è confermativo

Per la Cgt Roma 3415/13/2023 si tratta di un atto dichiarativo di una situazione incerta

di Rosanna Acierno

Se la ricognizione del debito non è meramente confermativa è legittimo il suo assoggettamento a imposta di registro secondo l’aliquota dell’1% prevista per gli atti dichiarativi. Sono queste le conclusioni cui è giunta la Cgt di Roma con la sentenza n. 3415/13/2023 depositata il 14 marzo scorso (presidente Maffei, relatore Giordano), pronunciandosi sul tema ampiamente dibattuto dell’imposizione di registro da riservare agli atti di riconoscimento del debito (più comunemente conosciuti come atti di «ricognizione di debito») disciplinati dall’articolo 1988 del Codice civile.

L’assenza nel Dpr 131/86 di una norma dedicata alla ricognizione di debito ha comportato da sempre il proliferare di orientamenti divergenti sulla tassazione di questo atto. Secondo un primo filone interpretativo, la ricognizione ricadrebbe comunque, in via residuale, tra gli atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale e come tale sarebbe soggetto a imposta di registro pari al 3% (prevista per gli atti «diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale» dall’articolo 9 della Tariffa, parte I allegata al Dpr 131/86 (Cassazione 24107/2014 e 15910/2021).

Un secondo orientamento, seguito da alcune direzioni regionali delle Entrate, ritiene invece che la ricognizione del debito rappresenti un negozio di natura dichiarativa, in quanto non crea né estingue un’obbligazione ma si limita ad accertarla, con conseguente applicazione dell’aliquota pari all’1%, prevista dall’articolo 3 della Tariffa, parte I allegata al Dpr 131/86 (Cassazione n. 12432/2007).

Infine, in base a un terzo orientamento a cui ha da sempre aderito la dottrina, la ricognizione del debito sarebbe da registrare in misura fissa (ex articolo 11, Tariffa, parte I) in caso di atto pubblico o scrittura privata autenticata o da registrare in caso d’uso sempre in misura fissa (ex articolo 4 Tariffa, parte II) in caso di scrittura privata non autenticata, stante l’assenza di contenuto patrimoniale della conferma di un debito e la concomitante mancanza di effetti aventi natura dichiarativa.

Così, nel respingere il ricorso proposto da un notaio che aveva impugnato ben quattro avvisi di liquidazione con cui l’ufficio aveva assoggettato a imposta di registro all’1% alcuni atti di ricognizione di debito anziché in misura fissa, la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Roma ha precisato che, ove non abbia carattere meramente ricognitivo di una situazione debitoria certa (come avvenuto nel caso di specie) la ricognizione del debito, quale atto di natura dichiarativa, va assoggettato a imposta di registro nella misura dell’1 per cento.

Si segnala comunque che con la sentenza 7682 depositata il 16 marzo scorso, le Sezioni unite hanno stabilito che la scrittura privata non autenticata di ricognizione di debito, laddove abbia carattere meramente ricognitivo di una situazione debitoria certa, è soggetta a registrazione in caso d’uso, con applicazione dell’imposta di registro fissa a norma dell’articolo 4 della Tariffa parte II allegata al Dpr 131/86, trattandosi di scrittura non avente a oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.

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