Controlli e liti

Uso legittimo del credito se le imposte versate in Uk sono documentate

Per la Ctp Milano l’importo pagato all’estero e certificato va sottratto dal dovuto in Italia

di Marco Nessi

Le imposte pagate nel Regno Unito a titolo definitivo da un soggetto residente, se regolarmente documentate, generano legittimamente in capo al contribuente un credito per le imposte pagate all’estero che non può essere disconosciuto, anche in base a quanto previsto dalla convenzione contro le doppie imposizioni sottoscritta tra l’Italia e il Regno Unito. Queste sono le conclusioni a cui è giunta la Ctp Milano con la sentenza 2923/5/2020 (presidente Giucastro, relatore Chiametti).
Il caso esaminato ha riguardato un contribuente (fiscalmente residente in Italia) che svolgeva la propria attività lavorativa alle dipendenze della società Borsa Italiana Spa e che era solito compiere numerosi viaggi di lavoro in Inghilterra presso il London Stock Exchange. I redditi prodotti nel territorio inglese nei giorni di trasferta venivano tassati anche in Inghilterra, con conseguente doppia imposizione del reddito sia in Italia che all’estero. A seguito di un controllo formale ex articolo 36-ter, Dpr 600/73, l’ufficio notificava al contribuente una cartella per l’anno 2015, disconoscendo il credito per le imposte pagate all’estero per la presunta assenza della documentazione attestante l’esistenza di redditi prodotti nel Regno Unito e di imposte qui versate a titolo definitivo.
A seguito del mancato accoglimento dell’istanza di autotutela, il contribuente presenta ricorso, eccependo sia la legittima fruizione del credito per le imposte versate all’estero sia l’illegittima ripresa dell’importo accertato, in quanto soltanto una parte del credito d’imposta contestato era stato utilizzato in compensazione (la restante parte era stata chiesta a rimborso ma mai realmente rimborsata, con conseguente assenza di danno erariale).
L’avvenuto pagamento delle imposte in Inghilterra, era stato certificato con due modelli P60 (corrispondenti al Cud) rilasciati dal datore di lavoro inglese, facenti riferimento ai periodi fiscali inglesi chiusi il 6 aprile 2015 (per i redditi dal 1 gennaio al 5 aprile 2015) e il 6 aprile 2016 (per la frazione di reddito dal 6 aprile 2015 al 31 dicembre 2015). Inoltre, il reddito tassato all’estero era stato compreso nel Cud relativo ai redditi 2015 e, quindi, già tassato con le normali aliquote Irpef progressive.
Il collegio giudicante ha accolto le ragioni del contribuente, evidenziando che ciò che era stato pagato all’estero doveva essere riconosciuto in Italia. Pertanto, l’ufficio non avrebbe potuto richiedere il pagamento dell’intera Irpef a seguito del disconoscimento del credito. In conformità a quanto previsto dall’articolo 15 della convenzione Italia – Regno Unito, è stata riconosciuta la necessità di scomputare dall’ammontare complessivo delle imposte dovute in Italia le imposte già pagate all’autorità fiscale inglese.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©