Controlli e liti

FISCO E SENTENZE/Le massime di merito: ipoteca, contrabbando e abuso d’ufficio

di Ferruccio Bogetti e Filippo Cannizzaro

Inammissibile ed improponibile l’impugnazione contro la preventiva d’iscrizione ipotecaria se il contribuente ne chiede la cancellazione già nel ricorso. La “continuità” della verifica iniziata con l’accesso non autorizzato e sfociata poi nell’indagine bancaria rende invalido l’accertamento. La duplice “veste” di sostituto e sostituito non preclude lo scorporo delle ritenute subite anche senza Modello 770. No al contrabbando ed alla confisca per l’auto svizzera entrata temporaneamente in Italia e non guidata dal proprietario. No al contrabbando ed alla confisca per l’auto svizzera entrata temporaneamente in Italia e non guidata dal proprietario. L’immissione della CAD nella cassetta postale “condominiale” rende invalida la notifica col metodo degli “irreperibili”. Abuso d’ufficio anche per le imposte “anticipate” trasformate in falsi “crediti d’imposta”. Improponibile l’appello incidentale promosso dalla parte non rimasta soccombente nel giudizio di primo grado. Sono questi gli argomenti trattati dalla rassegna di questa settimana delle principali pronunce delle Commissioni tributarie di primo e secondo grado.


Inammissibile il ricorso contro l’iscrizione ipotecaria che ancora non c’è

È inammissibile il ricorso introduttivo proposto contro la comunicazione preventiva d’iscrizione ipotecaria se l’impugnazione contiene la richiesta di annullamento parziale e/o totale dell’iscrizione ipotecaria. Intanto perché manca l’oggetto dell’impugnazione non essendo stata l’ipoteca ancora iscritta ma semplicemente comunicata. Poi non essere la comunicazione preventiva d’ipoteca atto contemplato tra quelli impugnabili nel codice di procedura tributaria. È pure improponibile per carenza d’interesse il ricorso introduttivo – così come pure il ricorso in appello - perché la comunicazione preventiva dell’iscrizione ipotecaria non produce un immediato danno alla situazione patrimoniale del contribuente e nelle more del giudizio non è ancora stata seguita facendo venire così ogni interesse ad agire in capo al ricorrente.

Nel caso in esame, il Concessionario della Riscossione notifica ad una società semplice agricola la comunicazione preventiva d’ipoteca fondata sul mancato pagamento dell’Irap per gli anni 2009 e 2011. La società si oppone e nel ricorso introduttivo chiede, tra l’altro, la cancellazione dell’ipoteca. La Ctp dichiara inammissibile il ricorso introduttivo con sentenza depositata nel luglio 2016 per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora stata iscritta la relativa ipoteca, nonché per mancata inclusione di tale atto nell’elenco degli atti impugnabili. La contribuente insiste e propone ricorso in appello nel febbraio 2017 insistendo nella richiesta di cancellazione di ipoteca. Il ricorso in appello viene, inoltre, anche dichiarato improponibile atteso che il contribuente ha chiesta la cancellazione d’ipoteca in realtà mai avvenuta né allora né nelle more del processo.

Ctr Lombardia, sezione staccata Brescia, sentenza n. 2058/23/2018


Alla Finanza serve l’ok della procura per accedere nella casa-studio

È inutilizzabile la documentazione acquisita dal Comando Territoriale della Guardia di Finanza relativa ai rapporti di conto corrente posta a base della ripresa erariale effettuata dall’Amministrazione se l’indagine sui conti correnti bancari, ancorché autorizzata dal Comandante Generale della Guardia di Finanza, sia di fatto la prosecuzione di una verifica iniziata tramite accesso nei locali del professionista utilizzati sia per attività professionale sia come abitazione – cosiddetti locali ad uso promiscuo – senza che sia stata preventivamente rilasciata l’autorizzazione dalla Procura della Repubblica. Questo perché le attività di accesso, reperimento dati e la successiva verifica dei conti correnti, sono tra loro legate da un rapporto di continuità, e non si tratta di due attività distinte e separate. E non rileva nemmeno la circostanza che il contribuente non abbia evidenziato ai militi l’uso promiscuo dei locali e non si sia opposto all’accesso e all’estrapolazione dei files dal personal computer, perché il contribuente è libero di assistere ad accesso illegittimo e di far valere tale illegittimità nelle sede processuale.
Èinfondata la tesi erariale secondo cui:
a) Non rileva la circostanza che i militari abbiano effettuato l’acceso non autorizzato dal Procuratore presso locali utilizzati ad uso promiscuo dal professionista, dato che hanno estrapolato dati e files dal pc del contribuente senza che questi si sia opposto, dati da cui hanno avuto contezza dei rapporti di conto corrente a lui riferibili. Difatti, hanno chiesto ed ottenuto dal Comandante Regionale l’autorizzazione ad espletare indagine bancaria posto a base della ripresa, perché le due attività di accesso e indagini bancarie sono tra loro indipendenti;
b) L’assenza di autorizzazione all’accesso non preclude l’utilizzabilità dei dati relativi ai rapporti di conto corrente atteso che per altre annualità oggetto di verifica – da cui sono scaturiti altri accertamenti impugnati dal contribuente – si è già pronunziata la Ctr che ha rigettato il ricorso siccome non ha dimostrato l’effettiva utilizzazione dei locali ad uso promiscuo dato che tale prova non poteva essere costituita dalla mera conferma della residenza.
È invece valida la tesi del contribuente secondo cui:
a) L’accesso, presso il locale utilizzato ad uso promiscuo è illegittimo data l’assenza dell’autorizzazione da parte della Procura della Repubblica, ai sensi dell’articolo 52 del Dpr 633 del 1972; e poiché la richiesta di autorizzazione al Comandante Regionale della Gdf per iniziare le indagini bancarie deriva dall’accesso, è evidente il rapporto continuativo tra accesso iniziale e successiva indagine; bancaria;
b) L’utilizzo ad uso promiscuo dell’immobile si evince dai seguenti elementi:
1) Nella stanza, in cui era posizionato il personal computer, era posto un divano letto, che il professionista di giorno teneva chiuso per recuperare spazio;
2) Il verbale, redatto da funzionario della Polizia Locale, attesta che è da molti anni che il contribuente ha nella stessa sede sia l’ufficio sia l’abitazione;
c) La scheda catastale indica inequivocabilmente l’uso promiscuo dei locali.

Nel caso in esame, i militari della Gdf effettuano un accesso presso i locali di un avvocato nel gennaio 2013, utilizzati sia ad uso studio sia ad uso abitazione. Estrapolano dei files dal personal computer posto nella sua stanza ove è ubicato un divano letto, chiuso per esigenze di spazio. Emergono delle irregolarità per l’anno 2008 nel Pvc formato nell’aprile 2013. I militari poi chiedono l’autorizzazione al Comandante Regionale della Gdf per espletare le indagini bancarie nel maggio 2013 e redigono pvc nel dicembre 2013, ove si da atto della prosecuzione delle indagini iniziate col primo accesso. Sulla scorta del pvc redatto nel dicembre 2013, l’Amministrazione forma un accertamento e ricupera omessi compensi per quasi 140mila euro – a fronte di rilievi di oltre 153mila emersi dal pvc della gdf e ridotti di soli 13mila euro dall’ufficio – relativamente all’esercizio 2012. Il contribuente si oppone e sostiene l’illegittimità della pretesa siccome viziata da accesso non autorizzato dal Procuratore della Repubblica, data la continuità tra verifica iniziata con accesso e indagine bancaria.

Ctp Como, sentenza n. 49/2/2018


La duplice veste di sostituto e sostituito non preclude lo scorporo delle ritenute

Il professionista liquidatore di società, che ha da questa percepito compensi al netto della ritenuta d’acconto, ha diritto a scomputare l’imposta trattenuta anche se risulta essere al tempo stesso sia soggetto rappresentante del sostituto d’imposta, in quanto liquidatore della società, sia soggetto sostituito. E in sede di controllo “documentale”, l’Amministrazione non può disconoscere le ritenute subite perché manca la dichiarazione rilasciata dal sostituto d’imposta (Modello 770), se il contribuente ha presentato, sotto propria responsabilità, apposita certificazione dalla quale si evince che ha percepito le somme al netto delle ritenute, tra l’altro compensate con credito Iva tramite Modello F24.
Ciò perché:
a) In base all’articolo 36-ter del Dpr 600 del 1973, le ritenute vanno riconosciute e quindi ammesse in detrazione non solo se risultano dal modello 770, ma anche se il contribuente rilascia apposita dichiarazione;
b) Non rileva la circostanza che, all’epoca della erogazione del compenso, il professionista sia stato ad un tempo sostituto d’imposta (in quanto nominato liquidatore di società) e sostituito, poiché trattasi di circostanza che non può inficiare la veridicità della dichiarazione dallo stesso rilasciata ed esibita in sede di controllo all’Amministrazione;
c) La mancata presentazione del Modello 770 non è a lui attribuibile, dato che è stato nominato nuovo liquidatore il quale era tenuto a presentare il modello 770 relativo al periodo d’imposta precedente, periodo in cui il contribuente aveva percepito le somme;
d) È stata la stessa Amministrazione, con Circolare 68/E del 2009, a chiarire che la stessa deve tenere conto delle ritenute subite se queste risultano dalla certificazione chiesta ed esibita dal contribuente.

Nel caso in esame, un dottore commercialista ricopre la carica di liquidatore di una Spa dal 1 maggio 1999 al 30 settembre 2004 e in tale ultimo esercizio l’assemblea dei soci delibera compenso a lui spettante di oltre 42mila euro. Su tale importo la società trattiene a titolo di ritenuta d’acconto oltre 8mila euro, che l’uomo porta in detrazione nel modello Unico 2005. In seguito viene nominato un nuovo liquidatore che omette di presentare il modello 770/2005 della Spa. L’Amministrazione procede a controllo documentale della dichiarazione del professionista e chiede la certificazione comprovante la ritenuta da questi subita. Il contribuente esibisce sotto propria responsabilità dichiarazione, nella quale attesta di aver percepito le somme al netto della ritenuta. Ma l’Amministrazione ritiene non veritiera tale certificazione. Intanto perché è stata omessa la presentazione del Modello 770/2005. Poi perché il professionista ha ricoperto la duplice veste di sostituto e sostituito. Quindi iscrive a ruolo l’Irpef per oltre 12mila euro comprese sanzioni e interessi.

Ctr Sardegna, sentenza 146/4/2018


No alla confisca per l’auto svizzera entrata temporaneamente in Italia

L’auto immatricolata nel paese Extra-Ue, utilizzata a scopi privati e intestata a nome di persone residenti nello Stato Extra-Ue, può transitare nel territorio comunitario in regime di ammissione temporanea senza dover assolvere al pagamento dell’Iva e dei dazi doganali. Gli articoli 558 e seguenti del Regolamento CEE 2454/93 disciplinano le modalità di ammissione temporanea di mezzo di trasporto e prevedono espressamente l’esonero di dazi all’importazione qualora:
1) Il veicolo sia stato immatricolato in Paese Extra-Ue;
2) È intestato a persona residente in paese Extra-Ue;
3) Alla guida risulta persona stabilità anch’essa fuori dal territorio UE.
Pertanto è illegittimo l’accertamento emanato dall’Agenzia delle Dogane che ritenga dovuti i dazi doganali, con conseguente confisca del mezzo per essere lo stesso transitato nel territorio UE in assenza di specifica autorizzazione ed ipotizzando così il reato di contrabbando previsto dagli articoli 216 e 292 del Tuld.
Nello specifico, ciò si evince dalle seguenti circostanze:
a) Il veicolo è immatricolato in Svizzera e risulta di proprietà di soggetto ivi residente;
b) Alla guida risulta soggetto non residente in Italia, come erroneamente indicato nel verbale dai verificatori, bensì in comune svizzero;
c) Il transito nel territorio Ue è avvenuto per circa un’ora, donde appare verosimile l’utilizzo occasionale;
d) Il soggetto, trovato alla guida, non ha alcun tipo di rapporto continuativo col territorio italiano, circostanza che si evince dai movimenti della sua carta credito utilizzata in territorio elvetico.

Nel caso in esame, un contribuente residente nel Canton Grigioni nel febbraio 2017 è alla guida di auto immatricolata in Svizzera, ritirata nel Canton Ticino, e di proprietà di una donna anch’essa residente nei Canton Grigioni. Transita nel territorio italiano e in Dogana i funzionari ritengono che:
1) Il transito non sia di tipo occasionale;
2) Il contribuente sia residente in un Comune italiano.
Pertanto ritengono il transito illegittimo, confiscano il veicolo ed elevano Pvc trasmesso all’agenzia delle dogane che, nel luglio 2017, notifica atto di contestazione di violazione doganale attraverso il quale ricupera diritti evasi per oltre 25mila euro e sanzioni per 50mila euro, contestazione mossa sia nei confronti del proprietario del veicolo che del guidatore. I contribuenti si oppongono con ricorso in Ctp nell’ottobre 2017 e sostengono l’atto illegittimo siccome il transito è di tipo occasionale dato che è il tratto di percorrenza nel territorio italiano è di fatto avvenuto per non più di un’ora, quindi in regime di esonero.

Ctp Varese, sentenza n. 120/3/2018


La Cad nella cassetta postale “condominiale” invalida la notifica

Se il contribuente risulta essere “temporaneamente irreperibile”, l’avviso, attraverso il quale questi viene informato del deposito dell’atto presso la casa Comunale (c.d. “Cad”), deve essere affisso sul portone dell’abitazione del contribuente, ovvero immesso nella cassetta postale “personale” del contribuente. Pertanto è da dichiararsi invalida la notifica della cartella a soggetto temporaneamente irreperibile, se l’avviso è stato immesso nella cassetta postale comune a tutti i condomini (cassetta condominiale), come si evince dalle foto dello stabile presso cui risiede. Va pertanto confermata la tesi del contribuente che sostiene l’irritualità della notifica per non essersi perfezionata la cosiddetta «notificazione per compiuta giacenza”»come si evince dalle foto depositate in giudizio, dalle quali risulta che: a) Lo stabile, in cui risiede il contribuente, è un condominio, e nel citofono dell’immobile non compare il suo nome;
b) La cassetta postale, in cui presuntivamente è stato immessa la raccomandata informativa, non è riferibile esclusivamente al contribuente, ma al più a tutti i condomini, cassetta in cui tra l’altro non sono indicati i vari nomi de condomini.

Nel caso in esame, l’Agente della Riscossione notifica un’intimazione di pagamento fondata su cartella relativa ad Irpef 2003 per oltre 25mila euro. L’uomo si oppone in Ctp e sostiene di non aver mai ricevuto la cartella su cui l’intimazione si fonda. Resiste il concessionario il quale deposita avviso di ricevimento relativo alla cartella datato 1 agosto 2009 in cui risulta che l’atto è stato depositato presso la casa comunale per assenza del destinatario, e che lo stesso è stato informato del deposito tramite raccomandata informativa, mai ritirata con conseguente perfezionamento della notificazione per compita giacenza. Ma l’uomo controbatte e deposita in giudizio le foto dello stabile in cui risiede, ove si evince che lo stesso non ha una cassetta postale “personale”, bensì è presente una sola cassetta postale “condominiale”.

Ctr Lazio, sentenza n. 2597/11/2018


Abuso d’ufficio anche per le imposte “anticipate” trasformate in falsi “crediti ”

La società può trasformare le “imposte anticipate”, relative all’avviamento di ramo d’azienda poi svalutato, in credito d’imposta utilizzabile direttamente in compensazione solo se sussistono le condizioni normative previste e che venga dimostrata la sussistenza delle circostante economiche/patrimoniali che hanno portato a tale svalutazione. In difetto, ci si trova di fronte a crediti inesistenti con conseguente legittimità del ricupero del credito d’imposta effettuato dall’Amministrazione.
Dal punto di vista normativo, ai sensi dell’articolo 2, commi 55 e seguenti del Decreto Legge 255 del 2010, la società può trasformare le imposte anticipate in crediti utilizzabili in compensazione, se: a) Nel bilancio risulta una perdita civilistica; b) Si è in presenza di una perdita fiscale; c) La società si trova nello stato di liquidazione volontaria, procedura concorsuale o crisi d’impresa. Nel caso di perdite civilistiche, i presupposti, per la trasformazione delle imposte anticipate in crediti derivano: a) Dalla svalutazione su crediti non ancora dedotte ai sensi dell’articolo 106 del Tuir; b) Dalla svalutazione dell’avviamento, il cui costo è deducibile in più esercizi. Dal punto di vista probatorio, dato che la trasformazione in crediti d’imposta è agevolazione tributaria, è onere del contribuente dimostrare ai sensi dell’articolo 2697 del Codice Civile, la sussistenza dei presupposti di fatto tesi a dimostrare la spettanza di tale agevolazione.
Pertanto, l’omessa dimostrazione dei presupposti della svalutazione, ossia l’assenza delle valide ragioni economiche e/o patrimoniali che hanno determinato tale svalutazione, il credito d’imposta deve essere qualificato come credito inesistente e non può essere riconosciuto, con conseguente ricupero legittimo ad opera dell’Ammininstrazione.
Ovvero più risultano diverse circostanze che hanno indotto legittimamente l’ufficio a ritenere che la svalutazione è stata artatamente effettuata al solo scopo di creare dei crediti d’imposta:
a) La società ha acquisito un ramo d’azienda, per un corrispettivo pressoché pari a zero, da un’altra società, ed ha iscritto in bilancio avviamento di tale azienda;
b) Subito dopo ha svalutato l’avviamento per un importo pari all’ottanta per cento del valore;
c) A seguito di tale svalutazione, ha trasformato le imposte anticipate, per oltre il 30% dell’avviamento svalutato in crediti utilizzati in compensazione;
d) I soci della società cedente risultano essere dipendenti della società acquirente;
e) La cedente ha usufruito di credito d’imposta, ha nominato un nuovo amministratore “di comodo” nonché ha trasferito la sede in altra provincia, e successivamente si è estinta.

Nel caso in esame, una Srl acquista da altra Srl un ramo d’azienda nel dicembre 2014, contabilizza valore di avviamento per oltre 5milioni e 600mila euro, e con scrittura contabile del 31 dicembre 2014 svaluta l’avviamento di 4milioni e 595mila euro. Iscrive in bilancio credito d’imposta per circa il trentun per cento del valore di avviamento svalutato per oltre 1milione e 440mila euro e utilizza in compensazione tali somme per oltre 328mila euro nel 2015 e 480mila euro nel 2016. Al fine di verificare la legittimità del credito l’Amministrazione in data 22 luglio 2017 e chiede spiegazioni circa le ragioni di una così cospicui svalutazione e ritenuto non spettante credito emette due accertamenti notificati alla contribuente nel settembre 2017, uno afferente l’annualità 2015 e l’altro l’annualità 2016. La contribuente si oppone ma non fornisce prova circa la sussistenza dei presupposti della svalutazione, mentre l’erario rileva che vi sono diversi elementi che inducono a ritenere del tutto inesistente il credito utilizzato dalla contribuente. La Ctp, d’ufficio, trasmette anche gli atti, per quanto di competenza, alla Procura della Repubblica.

Ctp Treviso, sentenza n. 171/3/2018


Improponibile l’appello incidentale della parte non soccombente in I° grado

Non può proporre ricorso in appello incidentale avverso la sentenza di primo grado la parte che non è risultata soccombente perché non ha interesse ad agire. Pertanto è improponibile il ricorso in appello incidentale dell’Amministrazione qualora nel giudizio di primo grado promosso dal contribuente contro l’iscrizione ipotecaria, e sottesi atti:
a) L’Amministrazione abbia eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva circa la notificazione delle iscrizioni a ruolo di competenza esclusiva del Concessionario, censura questa rivolta al Concessionario;
b) Abbia dimostrato la regolare notifica degli accertamenti, atti di sua competenza;
c) La Ctp abbia dato ragione all’Amministrazione ma torto al Concessionario per un vizio meramente procedurale, cioè il tardivo deposito delle relate di notifica delle iscrizioni a ruolo.

Nel caso in esame, il Concessionario della Riscossione notifica l’iscrizione d’ipoteca nel marzo 2016 fondata su cartelle di pagamento; gli atti presupposti di una di tali cartelle erano due avvisi di accertamento relativi ad Irpef 2006 notificati dall’Amministrazione nell’ottobre 2011. Il contribuente ricorre contro Amministrazione e Concessionario, eccependo la mancata notifica degli accertamenti, delle successive iscrizioni a ruolo, ed infine della comunicazione preventiva d’ipoteca. L’Amministrazione, costituendosi in giudizio, solleva il proprio difetto di legittimazione passiva circa la notifica delle iscrizioni a ruolo, e la regolarità della notifica degli avvisi di accertamento. Il Concessionario della Riscossione, costituendosi, deposita oltre il termine di venti giorni liberi prima la documentazione tesa a dimostrare la notifica delle iscrizioni a ruolo, e la Ctp su tale punto accoglie il ricorso introduttivo con sentenza depositata il 1 marzo 2017, anche se ritiene fondate le eccezioni dell’ufficio. Il contribuente notifica la sentenza al Concessionario della Riscossione il 12 aprile 2017, il quale appella la sentenza in data 28 giugno 2017. L’Amministrazione, a sua volta, propone ricorso in appello incidentale depositando atto in segreteria della Ctr il 29 settembre 2017. Ma la Ctr dichiara inammissibile il ricorso in appello del Concessionario per tardività – per l’effetto anche quello dell’Amministrazione – ed improponibile per mancanza di interesse ad agire quello dell’Amministrazione, che non era risultata soccombente.

Ctr Lazio, sentenza n. 2582/16/2018

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