Imposte

Holding che fornisce servizi alle controllate, il recupero dell’Iva assolta sugli acquisti non è automatico

Secondo la Corte Ue, affinché l’imposta versata dalla holding possa essere recuperata, deve esserci un legame oggettivo e “diretto” tra i servizi acquisiti e le attività imponibili della capogruppo

di Pamela Floriani

Una società holding che effettua prestazioni di servizi imponibili a favore delle proprie società controllate non ha il diritto di detrarre l’Iva a monte sulle prestazioni che essa acquista presso terzi e che conferisce alle società figlie in cambio di una partecipazione agli utili. Questo è quanto afferma la Corte di Giustizia Ue nella sentenza relativa alla causa C-98/21, depositata l’8 settembre 2022 e che si inserisce nel lungo dibattito – di dottrina, e che ha coinvolto giudici comunitari e nazionali – circa il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sull’acquisto di beni e servizi da parte di società holding.

Il caso riguarda una società tedesca, una holding “gestoria” (soggetto passivo Iva), che forniva servizi di contabilità e gestione imponibili alle proprie controllate, esercenti attività di costruzione di beni immobili e di rivendita degli alloggi, per la maggior parte in regime di esenzione da Iva.

Nell’anno oggetto di contestazione, veniva stipulato un accordo in base al quale, a beneficio delle controllate, la holding avrebbe svolto, in relazione a progetti di costruzione facenti capo alle filiali, prestazioni di servizi (di architettura, di impresa generale, pianificazione dell’approvvigionamento energetico, eccetera) a titolo di contributo in quanto socio. Nello specifico, tali servizi venivano svolti in parte con il proprio personale e la propria attrezzatura e in parte acquisendo beni e servizi da altre imprese. La holding detraeva l’intera Iva pagata sulle proprie operazioni passive, incluse quelle relative ai servizi poi conferiti.

Nella sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 168, lettera a), in combinato disposto con l’articolo 167 della Direttiva 2006/112/Ce, debba essere interpretato nel senso che una società holding, che effettua operazioni imponibili a valle a favore di società controllate, abbia il diritto di detrarre l’imposta a monte gravante sulle prestazioni che essa acquista da terzi e offre alle controllate in cambio della concessione di una partecipazione agli utili generali, sebbene le prestazioni a monte:

(i) non abbiano un nesso immediato e diretto con le operazioni proprie della holding;

(ii) non rientrino nel prezzo delle operazioni imponibili (realizzate a favore delle società controllate);

(iii) non facciano parte delle spese generali dell’attività economica propria della holding.

Per rispondere al quesito, i giudici della Corte (richiamando le conclusioni dell’Avvocato generale del 3 marzo 2022) ricordano che, secondo costante giurisprudenza, dall’articolo 168 della Direttiva Iva emerge che, per poter beneficiare del diritto alla detrazione, occorre, da un lato, che l’interessato sia un «soggetto passivo» ai sensi dell’articolo 9 della Direttiva e, dall’altro, che i beni o i servizi acquistati siano utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta.

I giudici qualificano la holding come soggetto passivo e chiariscono che, con riferimento alla sussistenza del nesso tra le operazioni passive e l’attività economica a valle, occorre prendere in considerazione tutte le circostanze in presenza delle quali si sono svolte le operazioni in questione e tener conto unicamente delle operazioni che sono oggettivamente connesse all’attività imponibile del soggetto passivo (si veda, in tal senso, la sentenza del 17 ottobre 2018, Ryanair, C 249/17).

Secondo la Corte, la circostanza che i servizi, acquisiti dalla holding e poi conferiti, siano a beneficio diretto delle società figlie della holding stabilisce un nesso diretto con le operazioni in parte esenti di tali società figlie e, invece, conferma l’assenza di un nesso diretto e immediato con l’attività economica della holding. In conclusione, la holding non ha diritto a detrarre l’imposta in quanto:

(i) gli acquisti a monte non presentano un nesso diretto e immediato con l’attività propria della holding “gestoria”, bensì con le operazioni esenti svolte dalle controllate;

(ii) le prestazioni a monte non possono essere imputate al prezzo delle operazioni imponibili sotto forma di prestazioni rese alle controllate (in quanto non sono utilizzate dalla holding per offrire i servizi di gestione);

(iii) tali prestazioni non rientrano negli elementi di costo generali dell’attività economica propria della holding.

In pratica, la Corte di Giustizia Ue ha posto dei limiti alla detrazione dell’Iva a monte da parte della holding, sottolineando il fatto che non tutta l’Iva sostenuta da una holding che fornisce servizi di gestione alle proprie controllate può essere automaticamente trattata come connessa all’attività complessiva della holding stessa. Affinché l’Iva a monte possa essere recuperata, deve esistere un legame oggettivo e “diretto” tra i servizi acquisiti e le attività imponibili della holding a valle. E non era questo, secondo i giudici, il caso.

L’argomento, del resto, continua a suscitare interrogativi a causa della molteplicità e complessità delle situazioni di fatto che si presentano nella pratica. E che, certamente, continueranno a suscitare controversie.

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