Controlli e liti

I componenti positivi non sono rilevanti per il bene non inerente

Per la sentenza 4635/2023 valgono gli stessi effetti dei costi per i beni utilizzati dai soci

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Se un bene è non inerente rispetto all’attività esercitata, non solo i relativi costi risultano indeducibili, ma anche i componenti positivi derivanti dall’utilizzo dello stesso bene devono considerarsi esclusi dalla disciplina del reddito d’impresa. Lo ha stabilito la Cassazione, con sentenza 4365/2023.

Il caso deriva da un accertamento nei confronti di una Srl fondato sul recupero di costi non inerenti in ragione del fatto che un’imbarcazione da diporto, detenuta in leasing dalla società, veniva data in uso personale ai soci e ai familiari di questi.

Su questo punto la Corte conferma l’evoluzione giurisprudenziale che si è avuta sul principio di inerenza, il quale deve senz’altro affrancarsi dall’articolo 109, comma 5, del Tuir (norma che stabilisce invece l’indeducibilità dei componenti negativi di reddito a fronte di componenti positivi esenti) e che esprime quel necessario collegamento che si deve avere tra un componente economico e l’attività commerciale. Sicché Cassazione conferma che se un bene viene impiegato per finalità riferibili all’interesse dei soci, i relativi costi (come nel caso dell’imbarcazione oggetto della vicenda) devono reputarsi non inerenti.

La Corte ulteriormente stabilisce che se un bene risulta estraneo all’attività commerciale, anche i relativi componenti positivi di reddito devono considerarsi esclusi dalla disciplina del reddito d’impresa. Tali conclusioni vengono fatte derivare principalmente dalla previsione di cui all’articolo 8, comma 2, del Dl 16/2012, in base al quale «non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati».

In realtà, come da tempo si sostiene, è lo stesso principio di inerenza che, risultando sovraordinato rispetto alla determinazione del reddito d’impresa, porta a dover includere nello stesso, al di là delle scelte civilistiche, sia componenti negativi che positivi aventi un legame con l’attività d’impresa. L’inerenza, in sostanza, rappresenta un requisito di tipo oggettivo dei componenti economici, che consente di affermare la riferibilità degli stessi all’esercizio d’impresa, e questo non può che valere sia per quelli positivi che per quelli negativi di reddito.

Queste considerazioni – e quelle svolte ora dalla Cassazione – dimostrano l’inadeguatezza delle disposizioni nell’articolo 2 del Dl 138/2011 in relazione ai beni utilizzati dai soci, che consentirebbero la deduzione dei relativi costi a patto che il corrispettivo richiesto sia almeno pari al valore di mercato. Se un bene è non inerente, non lo sono i relativi costi, così come i corrispondenti ricavi, anche se reputati “congrui”.

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