Controlli e liti

Cessione di quote, stop alla rettifica se l’indagine istruttoria è inadeguata

È illegittimo l’avviso di accertamento relativo alla rideterminazione del corrispettivo di cessione di quote se non è stato provato il reale passaggio del denaro

di Marco Cramarossa

È illegittimo l’avviso di accertamento relativo alla rideterminazione del corrispettivo di cessione di quote se non è stato provato il reale passaggio del denaro, non sono stati effettuati accertamenti bancari nei confronti dei contribuenti e l’ufficio non ha provato la simulazione di un contratto mirata all’occultamento del reale valore di cessione delle partecipazioni. Carenza motivazionale e probatoria che la Cgt Toscana ha evidenziato nella sentenza n. 1399/1/2022 (presidente De Simone, relatore Bax), secondo la quale l’atto si sarebbe fondato unicamente sulla interpretazione di documentazione (conversazioni telefoniche) coperta dal segreto investigativo penale, non conosciuta dai soggetti accertati.

La vicenda giudiziaria trae origine dall’atto di accertamento con il quale veniva ripreso a tassazione il reddito derivante dalle plusvalenze del maggior valore di cessione di quote societarie, realizzate attraverso una serie di presunte operazioni tra loro collegate volte a occultare il reale corrispettivo di vendita.

La Ctp di Firenze, rilevando il mancato adeguato supporto probatorio dell’attività dell’ufficio, accoglieva i ricorsi. L’ufficio, in fase di appello, richiamava un presupposto pagamento e riteneva si dovesse tener conto non solo del procedimento amministrativo, ma anche di quello penale, che aveva comportato tanto misure cautelari personali a carico del soggetto cessionario quanto il sequestro preventivo delle quote, di beni e di denaro. L’Agenzia riteneva, inoltre, che il supporto probatorio fosse costituito anche dall’assenza di motivazione economica delle operazioni poste in essere.

I giudici, nel rigettare l’appello e confermando la sentenza di primo grado, oltre alla carenza di una adeguata istruttoria in sede di indagine dell’accertato pagamento, vale a dire il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sull’amministrazione, ribadiscono l’impossibilità di integrare successivamente la motivazione attesa la natura impugnatoria del processo tributario.

La Corte ha fatto buon governo dei concetti fondamentali dell’attività accertativa in ambito tributario, come i mezzi istruttori, la prova e la motivazione degli atti. Elementi di distinzione che sono alla base della “regola alloriana”, che legittima l’accertamento solo ove l’ufficio sia in grado di provare a se stesso, innanzitutto, la sussistenza dei relativi presupposti impositivi. Un’attività di controllo che necessariamente richiede l’enunciazione della prova nella fase motivazionale, che dia contezza delle attività istruttorie e dei mezzi di prova utilizzati in sede accertativa, ancora più tipizzata (oggi) a seguito dell’introduzione dell’“autoctono” concetto di prova in ambito tributario, previsto dall’articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 546/1992.

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