Imposte

Spese di regia, deducibilità e detraibilità Iva si giocano sull’inerenza documentata

La Cassazione viene spesso interrogata sulla ripartizione dei costi infragruppo. Particolare attenzione al contenzioso riguardante il transfer price interno

È sul piano probatorio e documentale che si “gioca” la partita della deducibilità del costo (e della detraibilità dell’Iva) delle cosiddette spese di regia: vale a dire – in estrema sintesi – il ribaltamento di una parte delle spese generali alle proprie controllate.

È quanto emerge dall’esame della giurisprudenza di legittimità, che sempre più spesso (da ultimo con le pronunce 1449/2022 e 31288/2021) torna a occuparsi del problema della ripartizione dei costi infragruppo.

Laddove le società del gruppo abbiano sede in Paesi differenti, il tema va affrontato con le logiche dei prezzi di trasferimento, sulla base di quanto disciplinato dall’articolo 110, comma 7, del Tuir. Diversamente, quando tutte le società sono residenti in Italia, entra in gioco il cosiddetto “transfer price interno”: la deduzione, da parte delle società controllate, di parte dei costi sostenuti dalla società controllante e riaddebitati alle controllate per la quota di competenza.

In quest’ambito va ricordato che con l’articolo 5, comma 2, del Dlgs 147/2015, il legislatore – con norma di interpretazione autentica – ha statuito che la disciplina di cui al citato articolo 110, comma 7, del Tuir «non si applica per le operazioni tra imprese residenti o localizzate nel territorio dello Stato».

Anche se ha reso molto più difficile contestare una generica “antieconomicità” (ordinanze 8176/2021, 11053/2021 e 22879/2017, sentenza 16948/2019), ciò non ha impedito che fiorisse il contenzioso, soprattutto sulle cosiddette “spese di regia”, per le quali non è sempre facile fornire la dimostrazione di inerenza e congruità richiesta dalla giurisprudenza della Suprema corte per consentire la deducibilità dei costi. Per quanto, la stessa Corte, non abbia difficoltà ad ammettere che è assolutamente normale che «la società capofila di un gruppo d’imprese, al fine di coordinare le scelte operative delle aziende formalmente autonome e di ridurre i costi di gestione attraverso economie di scala, fornisca servizi e curi direttamente le attività di interesse comune alle società del gruppo ripartendone i costi fra le affiliate» (da ultimo: ordinanza 13085/2020).

I principi che, nel tempo, si sono consolidati nella giurisprudenza di legittimità (si veda anche la scheda in pagina) consentono di affermare che, in queste situazioni, la semplice produzione di documenti di spesa non prova, di per sè, la sussistenza del requisito dell’inerenza all’attività d’impresa. A tal riguardo, infatti, occorre dimostrare «il reale vantaggio che ne sia derivato alla controllata, inteso a migliorare la posizione economica o commerciale della stessa» (ordinanza 19001/2021; in termini sentenza 34400/2020). Per la deducibilità di costi infragruppo derivanti da accordi “cost sharing agreements”, del resto, non può ritenersi sufficiente l’esibizione del contratto riguardante le prestazioni di servizi forniti dalla controllante alle controllate (quali le attività direzionali, amministrative, legali e tecniche); al contrario, è richiesta la specifica allegazione degli elementi necessari per determinare l’utilità effettiva o potenziale conseguita dalla consociata che riceve il servizio (ordinanze 12268/21 e 8001/21).

Contratti laconici, fatture con descrizioni generiche e scarsa documentazione attestante l’effettività delle prestazioni rese e l’utilità ritraibile da queste ultime da parte della controllata costituiscono altrettanti fattori di rischio in sede di verifica (pronunce 13085/2020 e 25025/2018). Anche perché, con giurisprudenza costante, la Cassazione afferma che l’onere della prova in ordine alla sussistenza e all’inerenza dei costi sopportati incombono sulla società che ha ricevuto il servizio. In quest’ambito, la certificazione prodotta dalla società di revisione non è in grado, da sola, di rappresentare una prova decisiva, anche se è innegabile come possa rappresentare un’attestazione professionale resa a fronte di un’analisi qualificata delle risultanze contabili, di cui tanto l’Agenzia quanto i giudici tributari devono tener conto (sentenze 12285/2018 e 23164/2017).

Tale relazione, peraltro, può risultare particolarmente utile a fronte della contestazione della duplicazione di costi, che spesso gli uffici affermano quando presumono che non vi sia reale distinzione tra le spese riaddebitate alle controllate e gli oneri da esse sostenute con il proprio personale o, comunque, con risorse proprie.

Va infine ricordato che le operazioni infragruppo possono comportare anche il compimento di atti apparentemente antieconomici, e le contestazioni dei verificatori non possono limitarsi a non condividere le scelte imprenditoriali (sentenza 16948/2019). Infatti, «al fine di verificare se un’operazione abbia comportato o meno per la società che l’ha posta in essere un ingiustificato depauperamento occorre tener conto della complessiva situazione che, nell’ambito del gruppo, a quella società fa capo, potendo l’eventuale pregiudizio economico che da essa sia direttamente derivato aver trovato la sua contropartita in un altro rapporto e l’atto presentarsi come preordinato al soddisfacimento di un ben preciso interesse economico, sia pure mediato ed indiretto». (ordinanza 11053/2021).

GLI ORIENTAMENTI

1. Onere della prova
In caso di costi di regia infragruppo, l’onere della prova ai fini della loro deducibilità incombe sulla società che affermi di aver ricevuto il servizio.
Sentenze: 32422/2018, 31405/2018 e 9466/2017.

Ordinanze: 12268/2021, 8001/2021 e 26435/2017.

2. Per la deduzione delle spese di regia non basta il contratto
Per dedurre un costo infragruppo dal reddito d’impresa non è sufficiente esibire la documentazione di dettaglio (es. contratti e fatture).
Sentenze: 32422/2018, 31405/2018 e 23164/2017.

3. Coerenza economica e utilità dei costi infragruppo addebitati
La prova che la società che riceve il servizio è tenuta a fornire riguarda la coerenza economica dei costi sostenuti nell’attività d’impresa. La società che riceve il servizio infragruppo per poterne dedurre le spese deve dimostrarne un’effettiva utilità.
S
entenze: 34650/2021, 31288/2021, 13085/2020, 23164/2017 e 9466/2017.
Ordinanze: 19166/2021
e 26435/2017.

4. Il costo del servizio deve essere determinabile e inerente
È necessario che il servizio ricevuto sia obiettivamente determinabile e dotato del requisito di inerenza.
Ordinanze: 19166/2021, 13571/2021, 8001/2021, 13085/2020, 12268/2021 e 17535/2019 e 6824/2019.

Sentenze: 34400/2021 e 23027/2015
.

5. Inerenza fiscale infragruppo sganciata dall’antieconomicità
L’inerenza di un costo dell’attività d’impresa impone un giudizio di tipo qualitativo, che non necessariamente implica anche un giudizio quantitativo, e cioè di apprezzamento del costo in termini di congruità o antieconomicità, che non sono espressione dell’inerenza.
Sentenza: 14579/2018.
Ordinanze: 3170/2018 e 450/2018.

6. Servizio determinato in regime di libera concorrenza
La valutazione dell’operazione intercompany deve essere ispirata al prezzo di libera concorrenza che sarebbe pattuito tra soggetti indipendenti.
Ordinanze: 19166/2021 e 18436/2021.

7. Rilevanza della relazione del revisore sui costi intercompany
La relazione del revisore non può limitare il potere di accertamento dell’amministrazione finanziaria. Tuttavia, tale relazione, costituisce una pronuncia qualificata sulla verità della contabilità e del bilancio, con la conseguenza che anche l’amministrazione finanziaria ne deve tenere conto.
Sentenze: 12285/2018 e 6532/2009.

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