Controlli e liti

Covid, va provata l’emissione dell’atto: bocciata dal giudice la notifica sprint

Continua il contenzioso sugli atti inviati in forza dell’articolo 157 del Dl 34/20. Spetta all’ente presentare glifo o Qrcode così da documentare le tempistiche

di Rosanna Acierno

Per gli accertamenti in scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 e notificati – in forza dell’articolo 157 del Dl 34/2020 – dal 1° marzo 2021 al 28 febbraio 2022, la prova della tempestiva emissione dell’atto entro il 31 dicembre 2020 deve essere necessariamente fornita dall’ente impositore, pena la nullità dell’atto stesso. È il principio ribadito dalla Ctp di Arezzo con la sentenza n. 213/1/2022 (presidente Greco, relatore Fratini), su un tema che genera ancora contenzioso.

La vicenda posta al vaglio del collegio aretino trae origine, infatti, da un ricorso proposto da una Srl con cui veniva eccepita, in via preliminare, la nullità dell'avviso di accertamento relativo all'anno di imposta 2015 notificato dall’ufficio in data 8 marzo 2021 per violazione e falsa applicazione dell’articolo 157, commi 1 e 5 del Dl n. 34/2020 in mancanza della prova della effettiva emissione entro il 31 dicembre 2020.

Infatti, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, ai sensi degli articoli 43 del Dpr 600/73 e 25 del Dlgs n. 446/97, sino all’annualità 2015 (dichiarazioni trasmesse nel 2016), l’avviso avrebbe dovuto essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (quinto anno in caso di dichiarazione omessa). Tuttavia, nell’ambito delle disposizioni introdotte per fronteggiare l’emergenza Covid-19, l’articolo 157, comma 1, del Dl 34/2020 ha previsto che tutti gli atti di accertamento, di liquidazione, di recupero dei crediti d’imposta e di contestazione/irrogazione delle sanzioni con scadenza dall’8 marzo 2020 al 31 dicembre 2020 potessero essere notificati dal 1° marzo 2021 al 28 febbraio 2022, sempre che la loro emissione fosse avvenuta entro il 31 dicembre 2020.

È stato quindi introdotto un duplice termine di decadenza che l’ufficio doveva osservare: uno per l’emissione dell’atto impositivo e l’altro per la sua notifica. Inoltre, secondo il comma 5 dell’articolo 157, la prova di emissione degli atti entro il 31 dicembre 2020 è fornita dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’agenzia delle Entrate. Sul punto, la stessa Agenzia con la circolare n. 25/E/2020 ha chiarito ai propri uffici che la prova della tempestiva emissione entro il 31 dicembre 2020 può essere fornita mediante il cosiddetto glifo e il relativo Qr-code.

Così, proprio alla luce della mancanza assoluta della prova certa e inconfutabile da parte dell’ufficio circa l’avvenuta emissione dell’atto entro il 31 dicembre 2020, la Ctp di Arezzo ha accolto il ricorso della società e ha, conseguentemente, annullato l’atto impositivo relativo all’anno di imposta 2015 per intervenuta decadenza dei termini di accertamento.

La Cgt Bari boccia l’anticipo

Da ultimo, si segnala che anche la Cgt di I grado di Bari con la sentenza n. 1755/1/2022 del 17 ottobre 2022 ha ribadito che anche l’atto impositivo emesso entro il 31 dicembre 2020, ma notificato prima del 1° marzo 2021, è da considerarsi nullo qualora l’ufficio non adduca alcuna motivazione di urgenza per giustificare il mancato rispetto dei termini di notifica (dal 1° marzo 2021 al 28 febbraio 2022) stabiliti dall’articolo 157 del Dl n. 34/2020.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©