Imposte

Credito d’imposta moda, nel calcolo anche le rimanenze da commesse ultrannuali

Anche le rimanenze riconducibili, solo ai fini valutativi, a una commessa ultrannuale in corso, vanno annoverate tra i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa

di Tommaso Landi

Sino al 10 giugno 2022, le imprese tessili interessate potranno trasmettere all’agenzia delle Entrate le comunicazioni di accesso al bonus, istituito dall’articolo 48-bis, Dl n. 34/2020 e, da ultimo, modificato dall’articolo 3, comma 3, decreto Sostegni ter (Dl 4/2022).

La norma specifica che è riconosciuto un contributo nella forma di credito d’imposta e nella misura del 30 per cento del valore delle rimanenze finali di magazzino di cui all’articolo 92, comma 1, del Dpr n. 917/86, eccedente la media del medesimo valore registrato nei tre periodi d’imposta precedenti a quello di spettanza del beneficio.

Il dubbio che sta sorgendo in questi giorni, in alcuni operatori del settore, riguarda il richiamo che l’articolo 92 del Tuir fa ai beni di cui all’articolo 85 comma 1 lettere a) e b) del Tuir.

Nello specifico ci si chiede se ai fini del calcolo debbano essere considerate solo le rimanenze di merci, semilavorati e prodotti finiti o debbano includersi anche le rimanenze utili per assolvere alle commesse in corso di esecuzione di cui all’articolo 93 del Tuir.

Sin da subito si precisa che, a opinione dello scrivente, la scelta corretta è quella di includere nel calcolo per l’eventuale determinazione dell’incremento 2021 rispetto alla media del triennio precedente tutte le tipologie di rimanenza. Una tale conclusione è suggerita, in prima battuta, dall'analisi della “ratio” della norma, espressamente voluta per supportare attività caratterizzate da “stagionalità ed obsolescenza” dei prodotti, che, in conseguenza dell’emergenza Covid, hanno subito un patologico incremento delle rimanenze di magazzino.

Se dal calcolo previsto della norma, infatti, si escludessero i beni necessari per l’assolvimento delle commesse in corso si potrebbe giungere al paradosso di ottenere il bonus nonostante una oggettiva riduzione delle rimanenze, come si evince dal seguente esempio:

•Media triennio merci, semilavorati e finiti: 1.000

• Rimanenze 2021 dei medesimi beni: 1.100

• Media triennio commesse in corso: 500

• Commesse in corso al 31 dicembre 2021: 200

• Totale rimanenze triennio: 1.500

• Totale rimanenze al 31 dicembre 2021: 1.300

Nel caso in esempio, se si considerasse solo il valore delle merci, dei semilavorati e dei prodotti finiti, la società avrebbe un credito di imposta pari a 30 (30% dell'incremento di 100), che non spetterebbe, invece, considerando l’intero magazzino finale, il quale, in realtà, nel 2021 ha subito un decremento di 200.

A sostenere la conclusione sopra riportata vi è, poi, l’analisi testuale della norma, da cui si deduce che le rimanenze da considerare nel calcolo sono quelle di cui all’articolo 92, comma 1 del Tuir, quindi tutte quelle comprese nella “macro famiglia” delle rimanenze finali, con l’unica limitazione consistente nel fatto che esse debbano riferirsi ai beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa (articolo 85, comma 1, lettera a) o essere materie prime, semilavorati e altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b).

L’articolo 92 comma 1, quindi, comprende “tutte” le tipologie di rimanenze comprese anche quelle di cui agli articoli 92-bis e 93 del Tuir che testualmente non risultano escluse.È pacifico, quindi, che le rimanenze valutate in base all’articolo 93 del Tuir, siano da ricomprendere nel concetto generale di rimanenze finali, individuato dal comma 1 dell’articolo 92 del Tuir e, di conseguenza, concorrono alle variazioni delle rimanenze insieme con quelle valutate con i criteri Lifo, Fifo, Cmp o dei costi specifici, tutte da prendere in considerazione per la determinazione del reddito d’esercizio.

Nel caso non si dovesse accogliere questa interpretazione, infatti, si giungerebbe al paradossale effetto di poter agevolare soggetti che, avendo a disposizione liquidità generata nel 2021, abbiano in corso d’anno deciso di acquistare materie prime da impiegare in future commesse, incrementando cosi il magazzino non certo per difficoltà legate al Covid, ma per scelta aziendale, snaturando la finalità del credito di imposta concesso dal bonus in parola.

È dunque pacifico che anche le rimanenze (materie prime, semilavorati, merci o prodotti finiti) che siano riconducibili, solo ai fini valutativi, ad una commessa ultrannuale in corso, debbano essere annoverate tra i beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa, e quindi senza dubbio inclusi tra quelli ex articolo 85, comma 1, lettera a) e/o b) del Tuir, come espressamente voluto dall’articolo 92.

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