Il CommentoAdempimenti

Una fee d’ingresso per deflazionare la presentazione delle istanze di interpello

L’esperienza Usa: la consulenza giuridica dell’amministrazione soggetta a pagamento anche per scoraggiare l’uso “disinvolto”

di Edoardo Milani e Paolo Scarioni

Come è stato recentemente osservato sul Sole 24 Ore (si veda l’articolo), negli ultimi due anni le istanze di interpello presentate all’agenzia delle Entrate sono cresciute considerevolmente. Ciò a scapito dell’emissione di circolari, ossia di documenti di prassi amministrativa che hanno la differente caratteristica di affrontare le tematiche in modo più sistematico e argomentato, e che perciò permettono una maggiore comprensibilità del pensiero dell’Amministrazione. Questo disinvolto ricorso all’istituto dell’interpello impegna massivamente le risorse dell’agenzia delle Entrate, la quale non può sottrarsi dal rispondere, come prevedono sia l’articolo 11 della legge 212/2000 (Statuto del contribuente), sia, peraltro, lo stesso Statuto dell’Agenzia (si veda l’articolo 4, comma 1, lettera a).

Ciò considerato, la domanda che forse ci si potrebbe porre è: perché non richiedere una «user fee» per l’attività di consulenza svolta a favore del contribuente?

Una previsione analoga, ad esempio, si rinviene nell’Internal Revenue code vigente negli Stati Uniti d’America.

La sezione 7528 del codice in questione, infatti, prevede che il Segretario del tesoro (o un suo delegato) determini «a program requiring the payment of user fees for requests to the Service» avanzate dai contribuenti, tenendo conto della complessità e della natura delle stesse (si veda «International revenue bulletin», Bulletin No. 2021-1 – January 4, 2021, pagina 70).

In proposito, segnaliamo che nell’ordinamento statunitense le «letter rulings» equivalgono esattamente alle «risposte alle istanze di interpello» rilasciate dall’agenzia delle Entrate; se si legge la Section 2 del sopracitato Bulletin, intitolata «What are the forms in which the Service provides advice to taxpayers?», si evince agevolmente che i presupposti per poter presentare un’istanza all’Internal Revenue Service, e gli effetti della risposta (i.e. la «letter ruling») rilasciata da quest’ultimo, sono esattamente analoghi a quelli previsti per i nostri interpelli.

A fronte dell’attività di consulenza resa dall’Internal revenue service, il contribuente statunitense è tenuto a corrispondere una predeterminata fee (cosiddetto «user fee»), la cui misura è variabile a seconda dell’oggetto e della complessità del caso prospettato, nonché della natura, in taluni casi, del soggetto richiedente, attestandosi tra un minimo di poche migliaia di dollari e un massimo di diverse decine di migliaia di dollari, come ad esempio, nelle ipotesi di «pre-filing agreements» e di assistenza prestata al contribuente nell’ambito dei trattati bilaterali (si veda «International revenue bulletin», Bulletin No. 2021-1 – January 4, 2021, Appendix A, pagine 83-85).

Immaginare di fare pagare ai contribuenti l’attività di consulenza prestata dall’Amministrazione finanziaria non è un’idea così peregrina come potrebbe sembrare a prima vista. Infatti, nel rilasciare le proprie determinazioni in relazione a casi concreti e personali, l’agenzia delle Entrate (in modo del tutto analogo a quanto fa l’Internal revenue service) presta un servizio pubblico di consulenza giuridica, che andrebbe propriamente remunerato, anche alla luce del principio di «economicità» sancito dall’articolo 1, comma 1, della legge 241/1990 (peraltro, anche il servizio «di pubblicità immobiliare e di conservazione dei registri immobiliari» reso dalla stessa agenzia delle Entrate in base all’articolo 4, comma 1, lettera g-quinquies, del proprio Statuto, è remunerato sebbene sotto forma d’imposta: le ipocatastali).

Del resto, è indubbio che tale attività abbia una «rilevanza economica» e che, pertanto – differentemente dai cosiddetti «servizi privi di rilevanza economica» (quali, ad esempio, scuola, sanità ed assistenza sociale), di cui si fanno carico, in genere, le pubbliche amministrazioni con oneri a carico della fiscalità generale –, per essa possa essere richiesto ai contribuenti un corrispettivo commisurato alla prestazione effettivamente resa.

In conclusione, la previsione di un’equa remunerazione per l’attività di consulenza giuridica prestata dall’Amministrazione finanziaria, tramite corrispettivi opportunamente modulati, potrebbe costituire un valido freno al disinvolto uso dell’interpello.