Controlli e liti

Frodi Iva transfrontaliere, sopra soglia punito il tentativo

È stato pubblicato in Gazzetta il decreto legislativo di recepimento della direttiva sulla lotta contro la frode, che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea, mediante il diritto penale

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Il decreto legislativo di ulteriore recepimento della direttiva sulla lotta contro la frode, che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea, mediante il diritto penale è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale con il numero 156/2022. Il provvedimento modifica il precedente Dlgs 75/2020 di attuazione della direttiva 2017/1371, che aveva agito sostanzialmente su due versanti:

1) l’introduzione e l’ampliamento di fattispecie di reato volte a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione europea;

2) l’estensione dell’area della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche derivante dalla commissione di reati tributari che possano arrecare grave pregiudizio agli interessi finanziari dell’Ue.

Sono state di conseguenza introdotte due anni fa modifiche al Codice penale, al contrabbando, alla frode in agricoltura, ai reati tributari (Dlgs 74/2000) e alla responsabilità degli enti derivante da reato (Dlgs 231/2001).

In particolare, con riferimento alla responsabilità delle società, erano stati introdotti ulteriori reati tributari cosiddetti «fonte», idonei cioè a determinare la responsabilità dell’ente:

– dichiarazione infedele con sanzione pecuniaria fino a trecento quote;

– omessa dichiarazione con sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;

– indebita compensazione con sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.

Tuttavia, detti illeciti dovevano essere commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri e al fine di evadere l’Iva cagionando un danno complessivo non inferiore a 10 milioni di euro.

Ora il Dlgs 156/2022 (in vigore dal 6 novembre) precisa che, fermo restando il fine di evasione Iva per importi pari o superiori ai 10 milioni, gli illeciti, commessi nell’ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri, devono essere connessi al territorio di almeno un altro Stato membro Ue.

Il nuovo decreto puntualizza meglio anche la perseguibilità a titolo di tentativo di taluni illeciti tributari. Sempre ricorrendo gli stessi presupposti (evasione Iva in sistemi fraudolenti transfrontalieri connessi al territorio di almeno un altro Stato Ue e danno non inferiore a 10 milioni di euro) è punibile a titolo di tentativo sia la dichiarazione infedele, sia la dichiarazione fraudolenta mediante false fatture e con altri artifici (ove non si concorra in queste ultime due ipotesi con l’emissione di false fatture).

Queste modifiche comportano evidentemente:

– un adeguamento dei modelli organizzativi (se già esistenti);

– una specifica previsione nei modelli da redigere in futuro.

Si tratta di novità molto specifiche e particolari che, se sotto un profilo squisitamente operativo, potrebbero non interessare tutti gli enti già dotati del modello (o che se ne doteranno nell’immediato futuro), sotto un profilo formale, impongono comunque un generale adeguamento. Certamente occorrerà dare atto della modifica nella parte del modello in cui si illustrano le fattispecie penali tributarie rilevanti ai fini della responsabilità dell’ente (articolo 25 quinquiesdecies del Dlgs 231/2001).

Sotto un profilo operativo e, segnatamente, delle procedure e dei protocolli atti a prevenire gli illeciti, è evidente che, meno la società opera con l’estero, e minore è il rischio potenziale di commissione di simili illeciti anche sotto forma di tentativo.

Peraltro, oltre alla necessaria connessione del sistema fraudolento rispetto al territorio di almeno un altro Stato Ue, è particolarmente rilevante la soglia oltre la quale l’ente è responsabile: evasione Iva che cagioni un danno complessivo non inferiore a 10 milioni di euro. È pur vero che si tratta di un importo complessivo del danno cagionato dal sistema fraudolento nel suo insieme e non soltanto relativo alla parte dell’illecito commesso in Italia, ma in ogni caso deve trattarsi di frodi abbastanza gravi. Tali circostanze riferite nello specifico alla concreta situazione dell’ente (attività svolta, rapporto con fornitori/cliente ubicati in Stati UE ecc.) determineranno il rischio potenziale da attribuire alla consumazione di simili condotte illecite da parte della società.

Da ricordare infine, prevedendosi l’astratta configurabilità del tentativo per alcuni reati tributari «fonte» che, a norma dell’articolo 26 del Dlgs 231/2001, le sanzioni pecuniarie e interdittive, in caso di delitto tentato, sono ridotte da un terzo alla metà.

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