Imposte

Rivalutazione quote e terreni, sì al rimborso solo se l’errore è manifesto

Scade il prossimo 15 novembre il termine per l’opzione: ammesse pochissime chance di ripensamento riconducibili alla disciplina generale dei vizi della volontà

di Gabriele Ferlito

Scade il prossimo 15 novembre il termine per optare per la rivalutazione del costo fiscale dei terreni e delle partecipazioni detenuti alla data del 1° gennaio 2022. La nuova possibilità di rideterminazione dei valori di acquisto di terreni e partecipazioni è stata introdotta con l’articolo 29 del Dl 17/2022 (decreto Energia), che inizialmente imponeva l’esercizio dell’opzione entro il 15 giugno 2022, termine poi prorogato in sede di conversione.

Le regole essenziali per la rivalutazione

I soggetti destinatari dell’agevolazione sono le persone fisiche, le società semplici, gli enti non commerciali e i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia. Restano esclusi i titolari di reddito di impresa. Oggetto della rivalutazione sono i terreni, sia agricoli che edificabili, e le partecipazioni (qualificate e non qualificate) detenute in società non quotate, posseduti alla data del 1° gennaio 2022. Per usufruire della rivalutazione, entro il 15 novembre 2022 va redatta la perizia di stima e va versato l’intero importo dell’imposta sostitutiva (o la prima delle tre rate, in caso di pagamento dilazionato) calcolata nella misura del 14% del valore di perizia.

Tendenziale irreversibilità dell’opzione

Occorre ponderare attentamente la possibilità di fruire della rivalutazione perché, secondo la prassi dell’agenzia delle Entrate, avallata anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’esercizio dell’opzione ammette pochissime chance di ripensamento.

In particolare, è stato più volte affermato (si veda già la circolare 35/E/2004, ma più di recente anche la circolare 1/E/2021) che il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva, ovvero il pagamento della prima rata, determina il perfezionamento della procedura di rivalutazione. E dato che l’accesso all’agevolazione è frutto di una libera scelta del contribuente, il quale opta per la rivalutazione nella prospettiva di un risparmio sulle imposte che sarebbero ordinariamente dovute in caso di futura cessione del bene, tale opzione avrebbe carattere di irreversibilità.

Pertanto, una volta esercitata l’opzione il contribuente non può più ottenere il rimborso delle somme corrisposte, sia che abbia scelto di avvalersi del pagamento rateale sia che abbia pagato in un'unica soluzione (Cassazione n. 24057/2014 e n. 24953/2015).

Secondo la stessa impostazione, se il contribuente ha versato l’importo della prima rata ma omette il pagamento delle rate successive, non viene meno la rivalutazione (che, appunto, si è ormai perfezionata) ma l’agenzia delle Entrate provvede a iscrivere a ruolo gli importi non versati, irrogando la sanzione di omesso versamento pari al 30% della maggiore imposta non versata.

L’opzione è considerata talmente irreversibile da esplicare i propri effetti anche nei confronti degli eredi del contribuente che ha effettuato la rivalutazione. In base all’articolo 68, comma 6, del Dpr 917/1986, gli eredi determinano la plusvalenza sottraendo al corrispettivo di vendita il valore del bene dichiarato nella denuncia di successione, con la conseguenza che il decesso del de cuius fa venire meno la causa del pagamento della rivalutazione. Ciò nonostante la giurisprudenza nega il diritto al rimborso e impone anche in questi casi il pagamento delle eventuali rate residue (Cassazione n. 10298/2019 e n. 6688/2015).

L’errore manifesto

Solo in casi residuali la Corte di Cassazione consente di chiedere il rimborso dell’imposta sostitutiva versata ovvero di non pagare il saldo ancora dovuto.

Si tratta in particolare delle ipotesi riconducibili alla disciplina generale dei vizi della volontà di cui agli articoli 1427 e seguenti del Codice civile, dimostrando che l’opzione per la rivalutazione è stata frutto di un errore essenziale e obiettivamente riconoscibile da parte dell’amministrazione finanziaria (tra le pronunce sul punto si vedano Cassazione n. 19215/2017, n. 14947/2018 e n. 41953/2021).

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