Controlli e liti

Antielusione al via per 68 Paesi

di Alessandro Galimberti

«Oggi scriviamo la storia dei trattati fiscali, con la firma di 68 giurisdizioni sul primo accordo multilaterale di sempre». La dichiarazione di Angel Gurría, segretario generale dell’Ocse, ha aperto ieri sera la cerimonia di sottoscrizione della Convenzione multilaterale fiscale per la prevenzione dell’elusione e contro la “pianificazione fiscale aggressiva” dei gruppi multinazionali. Si tratta di un ulteriore step per lo scambio su base bilaterale dei dati dei contribuenti, una sorta di regolamento internazionale che attualizza, senza doverli rifare, oltre 1.100 accordi in vigore tra le 111 giurisdizioni impegnate nel programma Beps (Base erosion and profit shifting). Accordo che comunque inserisce anche novità importanti, come la risoluzione alternativa delle dispute, un arbitrato con tempi certi (e in cui ogni stato nominerà i propri componenti di comprovata esperienza internazionale) e che, di fatto, bypassa le giurisdizioni nazionali. Importanti anche le disposizioni sulle stabili organizzazioni simulate in Paesi terzi - su cui oggi vengono caricate le tassazioni oltremodo favorevoli - sull’abuso dei trattati e sull’assestamento delle doppie imposizioni.

Lo sforzo diplomatico compiuto dall’Ocse - che si augura di avere presto la sottoscrizione dei prossimi 8 candidati dichiarati, e poi dei restanti 35 aderenti al progetto Beps - non ha potuto evitare le molte clausole di “riserva di non recepimento” contenute nei 39 dettagliatissimi articoli della Convenzione. Come non può essere sottaciuto lo smarcamento degli Usa, che dopo aver trainato la lotta al nero internazionale dagli albori, nel 2009, oggi hanno scelto di rimanere ai margini del nascente network di trasparenza, pur restando formalmente ancora parte del progetto Beps.

Significative comunque, nella cerimonia di ieri, le dichiarazioni dei ministri scelti come relatori. A cominciare da Bruno Le Maire, ministro delle finanze del presidente francese Emmanuel Macron, che ha definito «inaccettabili» le ottimizzazioni fiscali dei grandi gruppi, ha detto che è «necessario tassare là dove si produce il valore» aggiungendo che la tenuta dei sistemi-Paese poggia su un’idea di giustizia ed equità fiscale, e ribadendo infine l’impegno della Francia nei controlli fiscali internazionali (citando il caso dei Panama Papers). Così come ad alto valore simbolico è la posizione di un altro ex paradiso, Singapore, la cui ministra del commercio e industria, Ann Sim, ha dichiarato che il suo Paese «sosterrà l’innovazione» nei rapporti fiscali internazionali e che l’equità fiscale è la base per uno stabile sviluppo delle relazioni internazionali e per la crescita ordinata del business. L’Ocse conta, solo attraverso lo scambio automatico di info fiscali, di recuperare 80 dei 240 miliardi di dollari di tasse in fuga, destinazione paradiso.

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