Contabilità

Spese per i prestiti, deduzione in salita

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di Paolo Meneghetti

Il tema del costo ammortizzato è una delle novità più significative del nuovo bilancio stilato in base al Dlgs 139/2015. Nella redazione del bilancio per il 2017 avrà dunque un ruolo centrale e ne andranno attentamente valutate le ricadute fiscali, anche per effetto dei recenti chiarimenti.

Uno dei temi sensibili e di grande frequenza numerica è rappresentato dalla contabilizzazione dei costi di transazione correlati a finanziamenti: tipico esempio è un mutuo ipotecario per ottenere il quale siano stati sostenute spese significative. Sia i soggetti che applicheranno il principio del costo ammortizzato, sia quelli che non lo applicheranno dovranno farsi carico di una diversa impostazione contabile valutando poi le conseguenze fiscali. Il tema potrebbe essere riassunto nell’obiettivo di “finanziarizzare” i costi di transazione, cioè considerarli nella loro globalità oneri da imputare all’area C del conto economico.

Anzitutto occorre ricordare quali siano gli oneri di transazione, la cui descrizione viene inserita nel documento Oic 19, paragrafo 45: si tratta di oneri sostenuti per l’ottenimento del finanziamento, e corrisposti sia alla controparte mutuante (come ad esempio le spese di istruttoria e le commissioni) sia a soggetti terzi intervenuti a vario titolo (come nel caso della consulenza di un professionista per periziare il valore di un immobile oggetto di garanzia di un mutuo ipotecario).

L’ammontare complessivo di questi costi diventa onere finanziario per tutte le imprese, anche quelle che non applicano il criterio del costo ammortizzato. Il mutamento nella contabilizzazione di questi oneri è rilevante, poiché il precedente Oic 19 trattava questi componenti come immobilizzazioni immateriali che dunque generavano un ammortamento in quote costanti che interessava l’area B del conto economico (costi della produzione), non l’area C (oneri finanziari), come accade ora.

Ma quali sono le ricadute fiscali di questo spostamento di costi all’area C del conto economico?

Anzitutto va rilevato che per le imprese che applicano per obbligo o per scelta il criterio del costo ammortizzato, e per le quali si applica il principio di derivazione rafforzata, non vi sono dubbi che quanto imputato a conto economico quale interesse passivo rileva al medesimo titolo anche nell’imponibile fiscale.

Nel recente Telefisco 2018, l’agenzia delle Entrate ha chiarito che anche in caso di applicazione facoltativa del costo ammortizzato le imputazioni a conto economico sono riconosciute per le società diverse dalle microimprese; dunque si avrà un incremento della voce C 17 del conto economico che provocherà, verosimilmente, problemi alla deduzione integrale degli oneri finanziari, atteso il fatto che rimane inalterato il tetto massimo pari al 30% del Rol.

In secondo luogo occorre rilevare che per chi non applica la disciplina del costo ammortizzato i costi di transazione vanno iscritti quale risconto attivo e rilasciati nel conto economico in quote costanti in base alla durata del finanziamento ad integrazione degli interessi passivi; quindi anche in questo caso non avremo più quote di ammortamento che erano rilevate alla voce B 10 dei costi della produzione, bensì oneri finanziari alla voce C 17.

Qui si pone il dubbio più rilevante, poiché per le microimprese che non applicano la derivazione rafforzata i costi di transazione che sarebbero rilevati nell’area B del conto economico (pensiamo a consulenze o perizie), in realtà subiscono una riclassificazione meramente contabile diventando oneri finanziari. Ma dunque vanno dedotti come costi della produzione (applicando così una sorta di doppio binario fiscale/civile) o come oneri finanziari (unico binario)?

Chi propende per la prima tesi sostiene che la diversa qualificazione del costo è proprio uno dei postulati della derivazione rafforzata, mentre se quest’ultima non si applica, si avrebbe la deduzione del componente negativo secondo la sua originaria natura (costo della produzione in alcuni casi).

A parere di chi scrive, invece, la classificazione dei costi di transazione tra gli oneri finanziari dovrebbe valere anche fiscalmente, poiché operata comunque in ossequio a corretti principi contabili: in fondo, anche nel passato si assisteva a una riclassificazione del costo (da oneri finanziari a quote di ammortamento) che non risulta mai essere stata contestata dalle Entrate. Inoltre, l’articolo 108, comma 3 del Tuir (applicabile a tutte le imprese) stabilisce la deducibilià degli oneri pluriennali in base alla quota imputata a conto economico riconoscendo, quindi, ai fini fiscali il comportamento tenuto sul piano civilistico/contabile.

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