Controlli e liti

Cartelle, la richiesta delle rate interrompe la prescrizione

I termini non possono essere ritenuti scaduti con l’istanza di pagamento dilazionato. La domanda non costituisce un’acquiescenza rispetto alla pretesa

di Giovanni Parente

La richiesta di pagamento a rate delle cartelle comporta l’interruzione del termine di prescrizione per riscuotere gli importi contenuti.

L’istanza di dilazione non costituisce, invece, l’indicatore di un’acquiescenza. Sono i principi che emergono dalla sentenza 252/3/2023 della Corte di giustizia tributaria della Liguria.

Il contenzioso nasce dall’impugnazione di un’intimazione di pagamento notificata nel 2018 in relazione a una cartella di pagamento notificata, invece, nel 2010. Tra i motivi del ricorso presentato in primo grado, il contribuente ha contestato l’intervenuta prescrizione dei crediti nella cartella «per decorso del termine quinquennale» (così si legge in sentenza) tra la notifica della cartella e quella dell’«intimazione di pagamento e/o di atti interruttivi». Motivi che non avevano fatto breccia nel collegio di primo grado (all’epoca di Ctp di Genova), tanto è vero che aveva ritenuto il ricorso inammissibile «sul presupposto che i termini prescrizionali fossero stati interrotti dalla presentazione, da parte del contribuente, di due istanze di rateizzazione».

Nell’appello, il contribuente ha eccepito che è stata impugnata l’intimazione di pagamento e l’atto presupposto è stato contestato deducendo fatti sopravvenuti (come la prescrizione quinquennale) e ha insistito sul fatto che il ricorso doveva eventualmente essere rigettato ma non dichiarato inammissibile. Ma la Cgt Liguria ha ritenuto corretta la dichiarazione di inammissibilità e ha valutato infondato il motivo di merito dell’appello, in base al quale il contribuente faceva notare che «l’istanza di pagamento rateale non è riconoscimento del debito e neppure costituisce atto interruttivo della prescrizione». A riguardo, i giudici di secondo grado specificano che «la prima affermazione corrisponde al vero, la seconda no». La Cgt Liguria fa riferimento a un precedente della Cassazione, ossia la sentenza 20070/2020 (che a sua volta richiama le pronunce 16098/2018 e 2436/1975). In quella occasione la Suprema corte aveva sottolineato che «se è vero che di per sè in materia tributaria, non può costituire acquiescenza da parte del contribuente l'avere chiesto ed ottenuto, senza riserva alcuna, la rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l'interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l'allegazione del contribuente di non avere ricevuto notifica delle cartelle».

La portata della pronuncia va valutata anche in base all’effettivo utilizzo della rateizzazione, che è uno strumento su cui si è concentrata sempre maggiore attenzione da parte dei contribuenti. Basti pensare che, come sottolineato anche dal direttore di agenzia delle Entrate Riscossione (Ader) Ernesto Maria Ruffini in audizione sulla delega fiscale in commissione Finanze alla Camera, attorno al 50% delle entrate di riscossione provengono dai piani di rateizzazione in corso e non dai pagamenti puntuali a seguito di notifica di atti da parte della agenzia di riscossione. E, in prospettiva, la delega fiscale (su cui lunedì sono attese le 250 segnalazioni degli emendamenti da parte dei gruppi parlamentari per fare entrare così l’esame nel vivo) punta a modificare progressivamente le condizioni di accesso ai piani di dilazione, nell’ottica di portare stabilmente a 120 il numero massimo delle rate che si potranno richiedere per pagare i debiti con la riscossione.

Nell’ottica, quindi, di consentire un orizzonte fino a dieci anni per saldare il conto.

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