Controlli e liti

Fondi agricoli, la Corte Ue ridimensiona le contestazioni

Riconosciuta la correttezza di alcune spese effettuate dall’Italia nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia

di Francesco Giuseppe Carucci

La Corte di Giustizia europea, con la sentenza del 9 marzo relativa alla causa T-10/20, ha riconosciuto la correttezza di alcune spese effettuate dall’Italia nell’ambito del Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga) e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr).

La controversia era sorta in quanto il 30 ottobre 2019 la Commissione europea aveva contestato all’Italia alcune procedure poste nell’ambito dei richiamati fondi dopo tre serie di indagini di audit.

La Commissione, a seguito delle rettifiche operate, sia forfettarie che analitiche, intendeva recuperare dai conti nazionali i seguenti importi: poco meno di 144 milioni erogati alle imprese agricole a titolo di aiuti per superficie nell’ambito della Pac a seguito delle domande 2015 e 2016; circa 11 milioni erogati per gli esercizi finanziari compresi tra il 2014 e il 2017 alle organizzazioni di produttori e ai programmi operativi; poco meno di 860 mila euro riferiti ad appalti pubblici per alcune misure di sviluppo rurale per gli esercizi finanziari 2014, 2015 e 2016.

Emerge dalle oltre cinquanta pagine della sentenza che la controversia è stata interessata per larga parte dalle censure in ordine agli aiuti concessi nell’ambito Pac.

L’importo di quasi 144 milioni scaturiva dalla contestazione mossa all’Italia secondo cui le nostre autorità avrebbero erogato gli aiuti non individuando correttamente le categorie di «prato permanente» e di «superfici tradizionalmente pascolate» cui si riferivano i finanziamenti.

Il Tribunale dell’Unione, al contrario, ha rilevato che le autorità italiane hanno proceduto nel rispetto del regolamento (Ue) 1307/2013 che ha definito le regole applicabili ai pagamenti diretti destinati ad aiutare gli agricoltori nell’ambito della politica agricola comune. In particolare, rispettoso del regolamento comunitario è risultato il Dm 6513/2014 che recepisce le relative disposizioni nel nostro ordinamento.

L’Italia aveva richiesto al Tribunale Ue di annullare la decisione del 30 ottobre 2019 nella parte in cui applicava le correzioni finanziarie sulle erogazioni Pac o, in subordine, di annullarla nella parte in cui applicava la rettifica forfettaria di 143,9 milioni di euro in luogo dei puntuali 64,86 quantificati dal nostro Paese. Importo quest’ultimo che resterebbe a carico del bilancio dello Stato visto il tenore della sentenza secondo cui «la decisione impugnata deve essere annullata là dove prevede una rettifica finanziaria di EUR 143 924 279,14». Ridotto anche di circa 73mila euro l’importo per la contestata violazione di 860mila euro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©