Imposte

Eredità, la comunione dei beni non dimezza il saldo del conto

Risposta 398: nella dichiarazione di successione va indicato l’intero importo del saldo attivo del conto corrente intestato al defunto, a meno che non sia provato che anche il credito è in comunione

di Angelo Busani

Nel caso di decesso di una persona coniugata in regime di comunione legale dei beni, nella dichiarazione di successione deve essere indicato l’intero importo del saldo attivo del conto corrente intestato al defunto, a meno che gli eredi dimostrino che il credito del defunto verso la banca sia sottoposto al regime di comunione legale dei beni, caso nel quale nella dichiarazione di successione deve essere indicato un valore pari alla metà di detto saldo attivo. Lo stesso ragionamento va ripetuto per il saldo attivo di un libretto di risparmio.

È quanto afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 398 del 1° agosto 2022 che affronta il frequente caso della successione ereditaria del de cuius coniugato in regime di comunione legale dei beni e il conseguente problema di stabilire il perimetro dell’attivo ereditario: il regime di comunione legale comporta, infatti, da un lato, che gli acquisti effettuati da uno dei coniugi profittano, di regola, anche all’altro coniuge e, d’altro lato, che nel momento in cui il regime di comunione legale cessa (ciò che accade con la morte di uno dei coniugi) diventano comuni anche sostanze che, fino a quel momento, erano di titolarità individuale di uno dei coniugi.

È, quest’ultimo, il fenomeno della comunione de residuo e cioè la norma in base alla quale con la cessazione del regime di comunione divengono comuni, tra gli altri, se non ancora “consumati”, i redditi derivanti a un coniuge dalla sua attività lavorativa (articolo 177, lettera b), del Codice civile) e i frutti derivanti dai beni di titolarità individuale di uno dei coniugi (articolo 177, lett. c).

L’Agenzia, dunque, mette in primo piano l’intestazione formale dei beni che compongono l’asse ereditario, ma ammette che gli eredi possano dare prova contraria. In particolare, se un conto corrente o un libretto sono intestati solo al defunto, nella dichiarazione di successione deve essere indicato l’intero saldo attivo, a meno che l’erede dia una «dimostrazione contraria» connotata da «requisiti di certezza idonei». Quanto ai redditi percepiti dal defunto, e dal medesimo non consumati, questa prova contraria non dovrebbe essere difficile da offrire qualora, ad esempio, il defunto fosse un lavoratore autonomo o dipendente il quale regolarmente convogliasse i proventi della sua attività su un determinato conto corrente.

Più in generale, con riferimento all’attivo ereditario esistente presso le banche, la prova della sua appartenenza alla comunione legale non appare complicata se si tratta di strumenti finanziari, in quanto il loro acquisto ne determina la immediata sottoposizione al regime di comunione; quanto al saldo del conto corrente, trattandosi di un credito acquisito dal de cuius verso la banca nel momento del versamento del denaro vi è un netto contrasto tra la tesi della sua sottoposizione al regime di comunione (Cassazione, 21098/07; 799/09) e la tesi della sua estraneità al patrimonio comune (Cassazione 6424/87, 9513/91, 987/95, 1363/99, 1548/08).

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