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Fallimento, regole anche per i gruppi

di Giovanni Negri

Per la riforma della legge fallimentare è ormai vicino il traguardo. Già oggi il Senato potrebbe approvare definitivamente la delega che mette nelle mani del Governo la riscrittura di alcuni dei cardini della disciplina della crisi d’impresa, con l’introduzione anche di elementi profondamente innovativi come le misure di allerta. La delega dà 12 mesi di tempo al ministero della Giustizia, rendendo teoricamente possibile anche dare esecuzione alla delega nel corso della prossima legislatura.

Un’ipotesi solo teorica però, perché in via Arenula è in via di costituzione un gruppo di lavoro che con ogni probabilità sarà guidato dal presidente aggiunto della Corte di cassazione, Renato Rordorf. Rordorf fu presidente anche della commissione ministeriale che scrisse la prima versione della legge, poi in parte modificata sia dall’ufficio legislativo sia dalla Camera.

Obiettivo è comunque quello di approvare il decreto legislativo entro Natale e si tratta di una meta tutt’altro che irraggiungibile. Un po’ perché la legge delega ha già affrontato, e risolto, alcuni dei punti più spinosi (soprattutto quello delle misure di allerta) dettando dei criteri abbastanza stringenti, un po’ perché una parte assai discussa come quella sull’amministrazione straordinaria è stata stralciata ed è in discussione autonomamente in Parlamento. Resta l’ambizione di realizzare una disciplina complessiva dell’insolvenza con riferimento anche alle crisi da sovraindebitamento.

Alcuni aspetti sono rimasti abbastanza generici. È il caso della riduzione dei costi delle procedure concorsuali, da raggiungere attraverso la responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione o, ancora di più, della riformulazione delle disposizioni che hanno dato luogo a contrasti interpretativi.

A un grado maggiore di dettaglio sono invece definiti aspetti cruciali come la crisi del gruppo societario, del tutto assente nell’attuale legge fallimentare; oppure le misure per incentivare gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi.

Di rilievo le modifiche all’istituto del concordato preventivo, con il recupero di margini di manovra da parte dell’autorità giudiziaria nella verifica sulla fattibilità del piano e con la determinazione di tetti massimi ai compensi dei professionisti incaricati dal debitore, tenendo come punto di riferimento l’attivo dell’impresa sottoposta a procedura. La procedura di liquidazione giudiziale, nelle intenzioni, dovrà poi andare a sostituire l’attuale disciplina del fallimento, prevedendo, tra l’altro, il potenziamento del ruolo del curatore, regolando il regime di incompatibilità, l’accesso alle banche dati pubbliche, la definizione del contenuto minimo del programma di liquidazione, la sua legittimazione a promuovere o proseguire specifiche azioni giudiziali.

Vanno poi nella direzione di una maggiore tutela del credito le misure del futuro decreto che dovranno rivedere il sistema delle garanzie reali non mobiliari. Tra l’altro si prevede che il creditore possa escutere la garanzia anche in deroga al divieto del patto commissorio, a condizione che il valore dei beni sia determinato in maniera oggettiva, fatto salvo l’obbligo di restituire immediatamente al debitore, o ad altri creditori, l’eventuale eccedenza tra il valore di realizzo o assegnazione e l’importo del credito.

Nutrito anche il pacchetto di modifiche al Codice civile con l’estensone dell’obbligo di ricorso al sindaco unico per le srl, l’inserimento nel Codice del dovere dell’imprenditore e degli organi della società di creare strutture interne tali da consentire una tempestiva rilevazione dello stato di crisi.

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