Imposte

Pex, per la commercialità non conta la liquidazione

Necessario far riferimento al triennio di effettiva operatività della società. Remunerazione deducibile se lo strumento finanziario partecipativo non è equity

di Alessandro Germani

Ai fini Pex (partecipation exemption) il requisito della commercialità deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso. Ma nel caso “peculiare” della liquidazione, che non è una fase ordinaria della vita dell’impresa, questa non deve in alcun modo condizionare la commercialità triennale. È il principio che emerge dalla risposta a interpello 481/2022 delle Entrate.

La fattispecie riguarda la distribuzione di riserve di capitali per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni e che costituisce plusvalenza a cui si applica la Pex. Pertanto in ipotesi di liquidazione il requisito triennale va osservato da quando parte la liquidazione e non dal realizzo della partecipazione (circolare 10/E/2005). L’ultimo periodo di attività è l’anno n-2, perché dal successivo è iniziata una liquidazione di fatto, testimoniata da lettere a dipendenti e clienti, riduzione degli investimenti. Per cui la commercialità va vista nel triennio da n-2 a n-4 (circolare 7/E/13).

La disciplina della Pex poi prevede che la partecipata risieda in stati o territori white list. Tale condizione deve sussistere ininterrottamente dal primo periodo di possesso; ma per i rapporti detenuti da più di 5 periodi d’imposta e oggetto di realizzo con controparti terze, è sufficiente che la condizione sussista, ininterrottamente, per i cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo stesso.

Ciò è stato evidenziato anche dalla relazione illustrativa al decreto Atad, motivo per cui il monitoraggio quinquennale (anziché ininterrotto dall’inizio del possesso) costituisce un’eccezione applicabile alle cessioni extra-gruppo. Come corollario di ciò, la verifica della condizione white list della partecipata in base ai criteri dell’articolo 47-bis del Tuir (ovvero esclusione senza verifica se appartenente a Stati Ue/See, altrimenti verifica del tax rate nominale in caso di collegamento e del tax rate effettivo in caso di controllo) andrà effettuata per tutti gli anni di possesso della partecipazione, col limite del 2001 perché prima non esisteva alcuna normativa al riguardo.

Gli strumenti finanziari partecipativi (Sfp) la cui remunerazione non è totalmente ancorata ai risultati economici della società emittente non si considerano equity. Tale remunerazione è deducibile e concorre al Rol ex articolo 96 del Tuir. La risposta a interpello 476/2022 dell’Agenzia riguarda degli Sfp che l’emittente ha classificato nell’equity. Tuttavia in base all’articolo 44, comma 1, lettera a) tali strumenti sono assimilabili alle azioni quando la remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici dell’emittente. In tal caso la remunerazione, essendo equity, è indeducibile per l’emittente stessa. Occorre quindi verificare se il titolo sia similare alle azioni (risoluzione 30/E/2019), secondo la stessa logica che per i soggetti Ias adopter è sancita dal Dm 2011. Il premio spettante ai portatori degli Sfp è parametrato al tempo, quindi parificabile ad un interesse. Inoltre è legato alla distribuzione di poste del netto. Non trattandosi di titoli assimilabili alle azioni, il premio è un interesse deducibile secondo le regole dell’articolo 96 del Tuir.

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