Imposte

Forfettario per l’ex dipendente se il reddito dell’anno precedente non supera i 30mila euro

Se l’apertura dell’attività è soggetta a regime oridinario, è possibile nell’anno successivo il passaggio alla flat tax ma con l’aliquota del 15%

di Lorenzo Pegorin

Non possono aderire al regime forfettario i contribuenti che cessano il rapporto di lavoro dipendente in corso d’anno, se nell’annualità precedente hanno superato la soglia di 30mila euro.
L’esimente che consente di non effettuare la verifica sul quantitativo di reddito di lavoro dipendente percepito dal lavoratore dipendente (e/o assimilato) in caso di cessazione, vale infatti solo per il periodo d’imposta precedente a quello di accesso al regime.

Nel merito della questione si ricorda che l’articolo 1 della legge 190 del 23 dicembre 2014, al comma 57, lettera d-ter), prevede che non possono avvalersi del regime forfettario: « i soggetti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, eccedenti l’importo di 30.000 euro; la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato».La circolare 10/E/2016, al paragrafo 2.3, ha specificato che «ai fini della non applicabilità della causa di esclusione in commento rilevano solo le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfetario». Inoltre va aggiunto che la ratio della norma non distingue fra dimissioni volontarie o licenziamento, quindi il principio si applica in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro dipendente.

Il caso concreto

Tanto evidenziato, quindi, se nel corso dell’anno solare 2022, un contribuente cessa il contratto di lavoro dipendente ed apre subito dopo (nel periodo d’imposta 2022) la partita Iva per l'inizio di un’attività professionale/d’impresa, dovrà comunque sempre verificare l’entità del reddito di lavoro dipendente percepito nel corso del 2021, con la conseguenza che in caso di superamento della soglia di 30.000 euro costui sarà obbligato ad accedere al regime ordinario.Viceversa se il reddito del 2021 fosse inferiore al tetto previsto, quest’ultimo potrebbe accedere al regime forfettario.

Da tener presente che, se egli aspettasse ad aprire partita Iva nel 2023, non avrebbe alcuna rilevanza né il reddito di lavoro dipendente maturato nel corso del 2021, ma nemmeno quello del 2022 (anno di cessazione del rapporto di lavoro), perché in quest’ultimo caso si applicherebbe in toto l’esimente di cui al comma 57 lettera d-ter sopra richiamata, con la possibilità di accedere al regime agevolato con tassazione al 5%.

Il passaggio da regime ordinario a regime agevolato

Tornado all’esempio in origine richiamato, rimarrebbe, ora, da capire se una volta intrapreso il regime ordinario (nel 2022), il contribuente potrebbe, nel nostro caso, dal 1° gennaio 2023 virare sul regime a forfait di cui all’articolo 1 della legge 190/2014.

La risposta arriva da un caso analogo a quello sopra prospettato (risposta ad interpello 368/2021) dove l’agenzia delle Entrate riferisce che il contribuente costretto ad aprire la partita Iva con il regime ordinario a causa del superamento della soglia prevista dal comma 57, lettera d-ter di cui all’articolo 1, legge 190/2014, può applicare il regime forfettario a partire dall’anno successivo, in costanza di tutti gli altri requisiti di legge.

Pertanto il contribuente che nel 2022 ha aperto (per obbligo) in regime ordinario, può in presenza dei requisiti di legge, passare al regime forfettario dall’anno successivo.In questo caso però, l’aliquota di computo per il calcolo dell’imposta non potrà essere quella designata per le neo attività (5%), ma dovrà necessariamente essere quella del 15% riservata ai soggetti dopo il quinquennio di apertura o a chi ritorna nel regime dopo il transito (per superamento dei limiti o per opzione) dal regime ordinario.

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