Imposte

L’armatore non residente può correggere le ritenute

Nessun obbligo per chi non ha la residenza fiscale

di Roberto Iaia e Marco Jannon

L’articolo 4, comma 1, del Dl 457/1997, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l’incremento dell’occupazione», ha previsto un credito di imposta a compensazione delle ritenute, ai fini Irpef, sui redditi di lavoro del personale di bordo imbarcato sulle navi iscritte in Italia nel registro internazionale (articoli 146 e 143 del Codice della navigazione).

Con la risoluzione 15/E del 2021,l’agenzia delle Entrate ha affermato che la norma non si applicherebbe ad armatori non residenti, privi di stabile organizzazione nel nostro Paese.

Il principale argomento erariale muove da una interazione tra i commi 1 e 2 della regola: il comma 1 riferisce il credito ai soggetti che esercitano l’attività produttiva di reddito di cui al comma 2, il quale riduce al 20% l’imponibile Irpef o Ires, ritratto dall’utilizzo di navi iscritte nel registro. In particolare, la carenza di stabile organizzazione italiana non consente di ravvisare soggetti passivi di tali imposte e, per l’effetto, beneficiari del credito impositivo in esame.

Il datore di lavoro non è obbligato all’effettuazione, versamento e dichiarazione di alcuna ritenuta in relazione ai medesimi redditi di lavoro, ove privo di stabile organizzazione in Italia (articolo 23, comma 1 cui rinviano gli articoli seguenti del Dpr 600/1973; ministero delle Finanze, circolare 326/1997, par. 3.1; Entrate, risposta 157/2022). Pertanto, la lettura erariale della norma si risolverebbe comunque in una “partita a saldo zero”: in assenza di localizzazione italiana, non si applicherebbe il credito, ma non sarebbe prefigurabile il debito cui quel credito esclusivamente si riferisce.

Piuttosto, il tema affrontato dalla risoluzione 15/E presuppone che l’armatore non residente e non stabilito abbia effettuato e dichiarato ritenute sul reddito lavorativo dei marittimi, sebbene privo di una branch in Italia e utilizzato il credito dell’articolo 4 per compensare tale debito.

In altre parole, il precedente amministrativo postula che il contribuente estero si sia auto-qualificato come sostituto di imposta, pur in assenza di collegamento territoriale con il nostro Stato. Simile erronea qualificazione soggettiva, rappresentazione ed esposizione del debito per le ritenute sarebbero emendabili dall’interessato, ad esempio, con una dichiarazione rettificativa o anche in sede contenziosa, come, da tempo, sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sezioni unite 13378/2016).

Così, l’armatore non residente e non stabilito ben potrebbe esperire tale “correzione di rotta” in seno a un ricorso avverso un atto di recupero del credito, per evidenziare l'assenza di danno erariale: il credito mirerebbe a neutralizzare un debito, comunque insussistente per legge, nei confronti di chi non ha alcun collegamento territoriale con l’Italia.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©