Controlli e liti

Fovoltaico, no al rimborso senza integrativa

Non è sufficiente l’istanza di rimborso per ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate

di Giorgio Gavelli

Non è sufficiente l’istanza di rimborso (peraltro giudicata tardiva) per ottenere il rimborso delle maggiori imposte versate per non aver sfruttato, in dichiarazione, l’agevolazione di cui all’articolo 6, commi da 13 a 19, della legge “Tremonti-ambiente”.

È la conclusione espressa dalla Ctp di Milano con la sentenza 3628/5/2021 (presidente Nocerino e relatore Chiametti), a dimostrazione che il contenzioso sulla materia è più che mai vivo, a dispetto della definizione proposta conl’articolo 36 del Dl n 124/2019.

Nel caso oggetto di giudizio, una società proponeva ricorso contro il silenzio-rifiuto tenuto dall’ufficio a fronte dell’istanza di rimborso presentata nel 2020 con riferimento alla maggiore Ires versata nel 2014 e nel 2015. L’eccedenza che la società chiedeva a rimborso si era formata in quanto, pur avendo effettuato investimenti ambientali agevolati, non aveva fruito del beneficio in dichiarazione, nel dubbio sulla cumulabilità tra quest’ultimo e la tariffa incentivante “goduta” dall’impianto fotovoltaico (II° Conto energia).

I giudici hanno accolto l’eccezione preliminare svolta dall’agenzia delle Entrate nella propria costituzione in giudizio, riguardante l’inammissibilità dell’istanza di rimborso (e, conseguentemente, del ricorso) per tardività nella presentazione. L’articolo 38 del Dpr 602/1973 prevede che il contribuente, in ipotesi di «errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento» può presentare istanza di rimborso «entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento».

Nel caso di specie viene quindi rilevata l’intempestività dell’istanza, la quale, peraltro, secondo i giudici milanesi, non era neppure atto idoneo all’ottenimento del rimborso. Nella motivazione della decisione si legge, infatti, che l’impresa avrebbe dovuto presentare dichiarazione integrativa per l’anno 2010 (anno di spettanza dell’agevolazione), unico strumento ritenuto valido per far valere eventuali rettifiche - non dovute a meri errori - rispetto ai dati indicati nella dichiarazione Ires originariamente presentata.

Il caso esaminato è simile (ma non uguale) a quello concluso (favorevolmente per il contribuente) con l’ordinanza 27 luglio 2020 n. 15982 della Corte di cassazione, la quale ha escluso che si possa negare l’agevolazione se non indicata nella dichiarazione originaria, potendo quest’ultima essere emendata anche in giudizio. Nel caso trattato dalla Suprema corte, non si discuteva sulla legittimità del rimborso, quanto su quella della cartella esattoriale emessa a carico della società dopo che essa, con dichiarazione integrativa, aveva recuperato il credito d’imposta discendente dall’agevolazione. Simile, invece, il caso trattato dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte con la decisione n. 681/03/2019, in cui l’istanza di rimborso (tempestivamente presentata) è stata ritenuta idonea come strumento per reclamare la spettanza dell’agevolazione.

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