Imposte

Crisi d’impresa, soglia più alta dei debiti Iva per l’allerta del Fisco

La segnalazione scatta con un insoluto pari al 10% del fatturato o oltre 20mila euro

di Niccolò Abriani

A pochi giorni di distanza dalla sua entrata in vigore, il Codice della crisi è oggetto di una prima modifica che, pur non incidendo sul quadro complessivo della riforma, ha importanti riflessi sull'operatività delle imprese, da un lato, e dell'agenzia delle Entrate, dall'altro.

L'emendamento approvato ieri dalla Camera, in sede di conversione del decreto semplificazioni (Dl 17 giugno 2022, n. 73), interviene sulle soglie al cui superamento l'agenzia delle Entrate è tenuta ad effettuare una comunicazione all'imprenditore e, ove esistente, all'organo di controllo, invitandolo ad avviare il percorso di composizione negoziata, previa verifica dei relativi presupposti.

L'emendamento realizza in effetti una semplificazione introducendo soglie meno irrisorie, in particolare per le imprese di minori dimensioni, per le quali il parametro del debito Iva rilevante non è più riferito all'importo fisso di 5mila euro, inizialmente contemplato dalla norma emendata, bensì a una percentuale del fatturato stesso, individuata nel 10 per cento. In ipotesi di impresa con un fatturato di 180mila euro, la soglia sarà quindi pari a 18mila euro. La norma precisa peraltro che la segnalazione va in ogni caso inviata se il debito è superiore a 20mila euro. Per le imprese il cui fatturato superi i 200mila euro, l'emendamento ha dunque l'effetto di quadruplicare il parametro inizialmente previsto, innalzandolo da 5mila a 20mila euro.

Si tratta di novità positive, in primo luogo per l'effetto deflattivo della mole di comunicazioni che l'agenzia delle Entrate aveva già iniziato ad inviare a partire dal 1°luglio. In questa direzione si collocano le due ulteriori novità dell'emendamento, rappresentate dallo spostamento delle comunicazioni di riferimento dal primo al secondo trimestre del 2022 e dalla previsione che le segnalazioni in esame dovranno essere inviate contestualmente alla comunicazione di irregolarità di cui all'articolo 54-bis del Dpr 633 del 1972 e, comunque, non oltre 150 giorni dal termine di presentazione delle liquidazioni periodiche.

Le nuove soglie hanno inoltre il pregio di ribadire il generale principio di proporzionalità che caratterizza anche l'obbligo di predisposizione di assetti idonei a prevenire la crisi, opportunamente riferiti alla natura e alla dimensione dell'impresa.

Permangono alcune perplessità sull'effettiva funzione della norma e sulla sua applicazione nei riguardi delle imprese di maggiori dimensioni, per le quali la soglia fissa di 20mila euro può rivelarsi irrisoria rispetto ai flussi di cassa e perciò inidonea ad esprimere un effettiva situazione di crisi meritevole di segnalazione.

Le comunicazioni previste dalla norma emendata non implicano peraltro alcun automatismo, rimettendo agli organi di amministrazione e controllo l'apprezzamento della circostanza segnalata. Gli amministratori non hanno dunque l'obbligo di attivare il percorso di composizione negoziata, ma di verificare se l'esposizione erariale o contributiva comunicata possa rappresentare un segnale di allerta. Soltanto in caso di accertamento positivo si valuterà se procedere all'istanza di nomina dell'esperto dando inizio a una trattativa che impone rilevanti doveri di collaborazione in capo ai creditori, ma può rimanere totalmente stragiudiziale e riservata.

Si tratta dunque di una “spinta gentile” che non ha nulla a che vedere con le segnalazioni previste dalla prima versione del Codice della crisi che conducevano a procedure di allerta caratterizzate da meccanismi più burocratici e dal vago sentore prefallimentare, rafforzato dalla previsione dell'intervento finale del pubblico ministero in caso di insuccesso dei tentativi di risanamento. Uno scenario, quest'ultimo, che il nuovo Codice della crisi ha definitivamente scongiurato in coerenza alla business rescue culture che ispira la direttiva Insolvency.

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