Imposte

Differimento dei termini solo se “pro fisco”

Con l’interpello 328/2022 l’Agenzia nega la dilazione dei termini per modificare la scelta sul credito Iva

Il differimento dei termini di accertamento Iva non implica l’allungamento dei termini di presentazione della dichiarazione integrativa a favore.

Con l’interpello 328/E le Entrate forniscono una lettura delle norme fiscali “asistematica”. Il caso è quello di un contribuente che ha maturato un credito Iva nell’anno d’imposta 2013, chiesto a rimborso con la dichiarazione Iva 2014. Sennonché, a fronte della richiesta di documentazione integrativa avanzata dalle Entrate nel 2016, il contribuente risponde solo nel 2020. Nel frattempo quest’ultimo matura l’intenzione di variare la scelta del rimborso per esercitare la detrazione/compensazione del credito. Il problema è se è ancora nei termini.

Infatti, è fuori discussione che si può modificare la scelta dell’utilizzo del credito Iva, a condizione che non sia ancora eseguito, presentando una dichiarazione integrativa ex articolo 8, comma 6-bis, Dpr 322/98 non oltre i termini dell’accertamento di cui all’articolo 57, Dpr 633/72. Nel caso di specie, tale opportunità viene negata in quanto la dichiarazione integrativa a favore sarebbe presentata oltre i termini di cui al comma 1 (31 dicembre del 5° anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione). L’amministrazione fiscale non tiene conto, a tal fine, del differimento dei termini dell’accertamento ai sensi del comma 3,articolo 57. Tale ultima norma prevede che in presenza di richiesta di rimborso Iva, qualora tra la data di richiesta dell’ufficio di documenti integrativi e quella della loro consegna da parte del contribuente decorrano più di 15 giorni, il termine di decadenza dell’azione accertativa è differito per un periodo pari a quello compreso tra il 16° giorno e la data di consegna. La norma ha un chiaro intento di controllo della condotta del contribuente che potrebbe temporeggiare nella consegna, in maniera pretestuosa, per “sfuggire” al fisco.

La conseguenza, secondo le Entrate, è che la dilazione non può essere utilizzata dal contribuente “pro se” nel senso che anche l’integrativa a favore, la quale per espressa previsione normativa può essere presentata nei «termini stabiliti dall’articolo 57», non varrebbe qualora vi fosse, per i motivi anzidetti, un allungamento degli stessi. La posizione non convince in quanto il rinvio dell’articolo 8, comma 6-bis, Dpr 322/98, all’articolo 57, Dpr 633/1972 non può che leggersi nella sua interezza in quanto: 1) in caso contrario il legislatore avrebbe potuto rinviare esclusivamente al comma 1; 2) l’interpretazione di una norma non può essere “unilaterale”, ovvero valida solo se “pro fisco”.

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